Raffaella Monzani: “L’esempio è la cosa migliore “

Raffella Monzani head of international BU per la Falck S.p.A, un ruolo importante nel mondo dell’energia; sfatiamo quindi lo stereotipo delle donne che non possono essere protagoniste in ambiti maschili? 

Penso che siamo arrivate al punto in cui sia d’obbligo sfatare gli stereotipi che esistano ambiti maschili e non. Ammetto che ne sono stata, e ne sono vittima anche io, è un retaggio culturale, ma penso che la curiosità aiuti a superare ogni “stereotipo”. In effetti, entrata in azienda pensai “ma cosa ci faccio in mezzo a tutti questi ingegneri a parlare di termovalorizzatori e pale eoliche”, ma poi ascoltando, imparando un linguaggio nuovo, andando in visita agli impianti tutto è diventato “normale e amichevole” e soprattutto non più maschile o femminile. E’ il non aver paura di affrontare il nuovo e “farsi avanti” da parte delle ragazze che aiuta a sfatare gli stereotipi. D’altra parte quando scelsi la specializzazione in Finanza alla Bocconi, le ragazze erano pochissime, quando inizia a lavorare al controllo di gestione le ragazze erano delle mosche bianche per non parlare dei CFO donna….. avere a che fare con i “soldi” era ancora considerato un lavoro maschile, le ragazze si dedicavano al marketing o all’organizzazone…. se ci guardiamo intorno si vedono i passi avanti fatti, anche se la strada da percorrere è ancora lunga.

Per rispondere alla domanda penso che essere protagonisti in un settore non sia più una questione di genere. 

“Non so cosa sia che rende un uomo più conservatore: non conoscere nulla tranne il presente, o nulla tranne il passato”; che interpretazione darebbe lei oggi a questa frase di Keynes, che so che ama molto? 

E’ l’immobilità: la mancanza di curiosità per il nuovo, per il futuro che si basa sul presente che proviene dal passato rende un uomo o una donna un conservatore. 

Lei è anche tesoriere di un’associazione importante come PWA- Milan; quale investimento riterrebbe importante per creare una vera leadership inclusiva e d’insieme? 

Il coraggio di farsi avanti, impegnarsi per aiutare le generazioni future intese sia come studenti che studentesse ma anche ragazze più giovani professionalmente, essere aperti al nuovo inteso anche come “diverso”: l’esempio è sempre la cosa migliore. Per questo contribuisco come mentor al programma di PWA arrivato alla sesta edizione, oltre a essere il tesoriere dell’associazione dedicandovi parte del mio tempo libero. Essere d’esempio vale sia per gli uomini che per le donne. Questo è ciò che penso e vivo per creare una leadership inclusiva e d’insieme.

Un consiglio ed un augurio a Raffaella. 

Non rimanere ferma continuare a progredire sia come persona sia come professionista.

Un consiglio ed un augurio a LeadingMyself. 

Ottenere un grande successo!

A cura di Barbara M.   @paputtina 

 

Raffaella Monzani Laureata in Bocconi con specializzazione in Finanza, ho iniziato il mio percorso lavorativo come Junior controller in Euroclub, club del libro del gruppo Berteslmann (Random House) per poi passare all’Head Quarter di Monica di Baviera per ritornare in Italia come responsabile amministrazione finanza e controllo per la start up Bol.com. Dopo l’editoria sono approdata al controllo di gestione di Fila Sport per diventare successivamente Direttore Pianificazione e Controllo di Mediamarkt cioè MediaWorld e Saturn. Attualmente sono responsabile di una BU di Falck S.p.A che si occupa di progetti in Indocina. Il mio tempo libero lo divido tra il ruolo di tesoriere di PWA, impegno su base volontaria, i libri la mia grande passione di cui non potrei fare a meno in qualsiasi formato e supporto, i viaggi , piacere che riesco anche a portare nel lavoro avendo lavorato sempre in contesti multinazionali, le mostre d’arte.

@rafmonzy
@PWA_Milan
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Quote rosa o quote azzurre?

Quanto mi piace la “quota azzurra” di Leadingmyself.

Tanto quanto mi intristiscono le “quote rosa” in politica.

O meglio, il principio per cui sono nate le quote rosa è sicuramente giusto e deriva dall’osservazione della scarsa presenza di donne in Parlamento, per cui, tramite le quote rosa, si garantisce una presenza minima femminile in campo politico. Eppure trovo che il concetto e la parola “ quote rosa” sia davvero deprimente. Primo per l’inevitabile considerazione che sia necessario un intervento di questo genere per assicurare del posti in politica anche alle donne e secondo perché nel “rosa” si nasconde comunque tutta una serie di stereotipi che non ci aiutano a uscire dai discorsi sessisti.

Perché la discriminazione sessuale verso le donne non si ravvisa solo nelle questioni gravi come la violenza di genere, le mutilazioni genitali femminili, il diritto al voto, la discriminazione sul lavoro e sullo studio. Esistono anche forme di sessismo meno evidenti, ma subdole e pervasive. Anche solo assegnare arbitrariamente qualità, positive o negative, in base al sesso è sbagliato. A me, per esempio, intristisce tutto quello che punta esageratamente sull’elogio del ruolo di madre e di moglie.

Mi spiego: io amo la mia famiglia, i miei figli e ciò che faccio lo faccio con passione e non per essere una mamma o moglie modello, dedita al 100% a loro, centro del mio mondo. Sarebbe soffocante per entrambe le parti. Essere un punto di riferimento è sicuramente bellissimo e, ammettiamolo, decisamente appagante, ma ognuno di noi resta con la sua identità. Rispetto troppo i miei figli come persone per pensare di ruotare attorno a loro e che loro ruotino attorno a me. E voglio essere rispettata anche come persona e donna, non solo come madre e moglie, da tutti loro e da mio marito.

Il fatto è che, sia donne che uomini, dopo decenni (no, secoli) di attribuzione dei lavoro casalinghi e di definizione di angelo del focolare alle donne, ci siamo fregati da soli.

Il problema è sociale e radicato, ci lavorano ai fianchi tutti, uomini e donne, fin da quando nasciamo. Dall’abbigliamento dei neonati in avanti. Ci credete che esistono e continuano a uscire ancora libri per bambini con titoli come “giochi da femmine” e “giochi da maschi” o addirittura “parole da femmine” “parole da maschi”? Ovviamente con sfondo rigorosamente rosa o azzurro. Io sono rabbrividita vedendoli.

Eppure se noi donne facciamo notare queste cose, spesso veniamo considerate eccessive, permalose, poco tolleranti e anche poco ironiche.

Ma noi non siamo né poco tolleranti, né poco ironiche, anzi accettiamo tutto di buon grado, anche la quota rosa, se serve a far sentire la nostra presenza attiva in questioni importanti come quelle politiche e sociali. Perciò ora, in tutta risposta, adoro questo spazio in Leadingmyself per gli uomini.

Il vostro punto di vista ci è sempre interessato, raccontatelo. In Leadingmyself potete inserirlo nella “quota azzurra”.

 

BB Barbara Buccino  @ciurmamom

http://www.ciurmamom.it/

 

Le donne e la tecnologia! Non chiamatele solo girl geek.

Ma perché girl geek e non geek girl? Sono entrambi sostantivi (anche geek è sostantivo, l’aggettivo è geeky), quindi nessuna delle due formule è giusta o sbagliata. Abbiamo mantenuto anche noi la formula girl geek come han fatto le Girl Geek Dinners perché vogliamo mettere il fuoco sul fatto che siamo geek e in secondo luogo girl. Se invece si usasse l’espressione geek girl si vorrebbe mettere il fuoco che siamo ragazze e solo nello specifico geek. Ma noi prima di tutto siamo geek!

L’idea è nata da alcune organizzatrici delle Girl Geek Dinners in Italia, le cene realizzate in tutto il mondo dedicate alle appassionate di tecnologia, con l’intenzione di avere anche un luogo “virtuale” dove incontrarsi e scambiare idee e conoscenze. Il nostro scopo, oltre a quello di esprimere il punto di vista delle geek italiane sulla tecnologia in tutte le sue forme. Soprattutto ci piace condividere ciò che sappiamo in campo informatico, tecnico con coloro che ancora sono a digiuno di tecnologia e anzi pensano di non potercela fare. Cerchiamo di avvicinare le donne alla tecnologia, anche quella di uso quotidiano per abbattere finalmente lo stereotipo che donna e tecnologia non vanno proprio d’accordo

Tanti gli stereotipi diffusi , ma la storia la raccontano gli uomini e si dimenticano di ricordare che anche le donne hanno fatto la loro parte e hanno sempre lavorato con e nella tecnologia! La prima programmatrice di computer al mondo, esperta di algoritmi e sopraffina studiosa di matematica è Ada Lovelace (http://it.wikipedia.org/wiki/Ada_Lovelace). E poi ci sono state moltissime altre studiose, alcune note come Grace Murray Hopper, che ha collaborato alla creazione dell’UNIVAC e ha inventato il COBOL e ha inventato il termine bug (quello con cui comunemente si indicano gli errori di programmazione), altre meno note o sconosciute che con il loro lavoro di amministratrici di sistema, imprenditrici tecnologiche, programmatrici, tecniche hanno fatto e stanno facendo la storia della tecnologia. Solo che spesso non ce ne ricordiamo e non ne parliamo. Per promuovere il ruolo delle donne nella tecnologia e nelle scienze, ogni anno a metà ottobre si celebra l’Ada Lovelace Day con una serie di eventi e di iniziative in tutto il mondo. Segnate sul calendario il 14 ottobre 2014 e festeggiate insieme a noi!

Essere geek è un un modo di essere e di approcciarsi a una realtà in continuo movimento, partecipando attivamente all’onda del cambiamento. Una ragazza o donna curiosa, che cerca di facilitarsi la vita utilizzando la tecnologia. non si spaventa davanti alle novità: a un nuovo gadget, a una nuova versione del sistema operativo, a una nuova release. Anzi ne è affascinata, è orgogliosa di sapersela cavare da sola senza dover chiedere ai colleghi solo per dover cambiare il toner a una stampante, o resettare il router di casa. Ha a cuore la sicurezza, quindi generalmente non usa la data di nascita dei figli come password 🙂

Come vincere gli stereotipi? Si dovrebbe partire dalla scuola, dove troppo spesso per un vecchio stereotipo le donne sono considerate poco inclini alle materia scientifiche (tanto che sono addirittura in calo le iscrizioni delle donne alle facoltà scientifiche). La scuola dovrebbe abbattare gli stereotipi e non aiutarli a crescere. La ricetta per fare questo non c’è. Si parla oggi molto di giochi gender neutral, ovvero che non confinano le bambine a giocare con scopette e ferri da stiro rosa per esempio. Importanti sono anche sicuramente le iniziative di introduzione al coding, organizzate per esempio dai Coderdojo per i bambini o da Rails Girls per le ragazze. Una bellissima iniziativa, della quale Girl Geek Life è stata media partner, è stata Ragazze Digitali, la prima summer school italiana per avvicinare le ragazze allo studio delle materie scientifiche organizzato da EWMD e dalla facoltà di ingegneria di Modena.

Ci vorrà del tempo, ma noi donne potremmo iniziare a raccontare e mostrare quotidianamente ai nostri figli che possono raggiungere qualsiasi obiettivo e che hanno gli stessi diritti e doveri indipendentemente dal sesso, assecondando le loro passioni e le loro idee e magari comprando giocattoli che non accentuino la disparità tra i sessi. La cosa importante è che si inizi a riconoscere il talento e ci si ricordi sempre che tutti abbiano le stesse possibilità indipendentemente dal sesso, dalla razza e dall’età. Il secondo punto è comprendere che la carriera tecnica nella nostra società ha la stessa importanza della cariera umanistica e che le scuole secondarie a carattere più scientifico non sono da considerare una scelta di ripiego.

Sonia Montegiove

festivalwww.girlgeeklife.com