“La strada più vicina alla gloria – una scorciatoia, come lo era – è di lottare per essere quello che ti auguri di venire considerato essere.” (
#iovalgo

“La strada più vicina alla gloria – una scorciatoia, come lo era – è di lottare per essere quello che ti auguri di venire considerato essere.” (
“Il viaggio non soltanto allarga la mente: le dà forma.” (Bruce Chatwin)
“Sii Te Stesso. Tutti gli altri sono già occupati.”
Oscar Wilde
Francesca Isola, grande protagonista del Tempo delle Donne attraverso il suo teatro ma 10 ragazze, possono davvero bastare?
Innanzitutto, mi fa piacere presentare alle lettrici (e ai lettori) di LeadingMyself le mie dieci ragazze che, in questo momento, se ne stanno lì appollaiate alle mie spalle nella veste di squadra controllo qualità per verificare che le mie risposte siano corrette; gentile pubblico, ecco a voi Franziska, Musa, Libera, Madre Coraggio, Candy, Spavalda, Cassandra, Serena, Espansa e LaDivina. In realtà il numero esatto delle mie ragazze interiori è dodici; il titolo del mio spettacolo è “Dieci Ragazze” un po’ per esigenze di copione e un po’ per dimostrata impresentabilità delle rimanenti due (Coperta che, appunto, vive perennemente rintanata sotto le coperte perché tanto nessuno al mondo la capisce, e Medusa che passa le giornate a meditare atroci vendette ai danni di chi la ferisce). Già da ragazzina avevo intuito che c’era parecchio affollamento di voci dentro di me, ma è stato solo nel 2010 – scrivendo il mio primo monologo “Torno prima o poi” – che le fantastiche 12 si sono presentate ufficialmente, con tanto carta di identità alla mano, raccontandomi chi erano, come vedevano la vita e cosa volevano da me. “Ma chi vi ha chiamate?” E’ stata la mia prima reazione. “Chi vi ha chiesto niente? Non si usa più sostenere un colloquio di selezione prima di essere assunte?” Evidentemente no! Le mie dodici ragazze si erano già prese la loro scrivania all’interno dell’azienda “me stessa” e lavoravano indefessamente giorno e notte per cercare di dirigere la mia vita secondo la loro personalissima vision individuale che, naturalmente, si contrapponeva a quella delle altre undici. Bene! Sarà per questo che le decisioni della mia vita, da quelle più importanti fino alla banale scelta di una di pizza, presentano sempre un alto livello di conflittualità interiore? Fatte queste premesse, la logica risposta alla domanda “10 ragazze posson bastare”? dovrebbe essere SI’!!! Anzi, ci sono dei giorni in cui farei qualunque cosa per ridurre un po’ il “personale” interiore; un prepensionamento magari, un bel percorso di outplacement o, almeno, delle ferie accumulate. Tuttavia, la mia risposta è che non potrei fare a meno di nessuna delle mie ragazze; anzi, se se ne dovessero presentare ancora delle altre, le accoglierò e le prenderò a bordo della mia/nostra vita. Credo che le ragazze interiori siano, per ciascuna di noi, la grande possibilità di essere noi stesse, di vivere tante vite in una e di esprimere quel qualcosa di UNICO che nessun’altro mai potrà esprimere. E non solo; sviluppare familiarità con le mie diverse voci interiori mi ha insegnato a riconoscere meglio quelle di chi mi sta accanto e ha moltiplicato così le mie occasioni di incontro e di relazione. Mica male no? L’importante – secondo me – è tenere sempre ben vigile una sorta di “coordinatrice imparziale” che ascolti tutte le ragazze e si prenda cura dei loro bisogni, ma senza lasciarsene travolgere; in altre parole, a guidare la nostra folle e variopinta nave ci siamo sempre noi (LeadingMyself) ma – ammutinamenti a parte – se, oltre alla rotta giusta, c’è anche una bella compagnia di vecchie amiche sempre pronte a far baldoria … beh, il naufragar ci sarà più dolce (e divertente) in questo mare.
Le principesse di oggi devono essere buone o cattive?
Ehm, questione delicatissima. Cerco di andare per punti. Il primo punto è che – secondo me – oggi non è proprio un grande affare essere una principessa; da Lady Diana a Grace Kelly fino alle sorelle Carolina e Stephanie di Monaco, la principesca vita ci ha mostrato degli spiacevoli effetti collaterali a cui, personalmente, rinuncio volentieri. Quanto alla scelta di campo “faccio la brava o la cattiva ragazza?”, io le ho provate tutte e due e, in entrambi i casi, i risultati sono stati disastrosi. Il mio periodo “brava ragazza”, in cui ho seguito passo passo i preziosi insegnamenti delle fiabe, l’ho trascorso in una sorta di perenne sala d’attesa; attendo il principe azzurro, attendo la grande occasione, attendo il momento giusto, il posto giusto, il lavoro giusto, il clima giusto … e poi attendo anche di essere abbastanza magra, abbastanza bella, abbastanza pronta, abbastanza tutto quello che voi volete che io sia … “tranquilli non c’è fretta, sono solo 40 anni che aspetto, ho le piaghe da decubito, i sogni nel cassetto sono così pieni di polvere che forse si saranno già polverizzati, ma” … non c’è problema, se devo attendere, io attenderò. “Avanti la prossima!!” – “Tocca a me?” – “No, signorina, lei stia BRAVA lì che, quando è il suo turno, la chiamiamo noi”. Eh no, adesso basta! A un bel pezzo del cammin di nostra vita mi ritrovavo ad essere la perfetta “ragazza da favola” che gli altri si aspettavano, e mi sforzavo ogni giorno di seguire le orme di Biancaneve e colleghe per ricevere il premio più ambito da tutti gli esseri umani: essere amata. Sì ma a che prezzo? Arrivata a quel punto, quello che IO mi aspettavo da me mi era ormai totalmente ignoto. E così sono passata alla fase “cattiva ragazza”, eleggendo a mia icona personale la giovane e ribelle Cappuccetto Rosso che “se ho voglia di andare nel bosco io ci vado, ok? E se ho voglia di seguire il lupo io lo seguo, ok?” E, per un po’ è stato bello, quasi inebriante; fare SOLO quello volevo IO, TUTTO quello che volevo IO … ma in realtà stavo solo facendo il contrario di quello che volevano gli altri; ero un’eccellente cattiva ragazza che ancora non aveva il minimo contatto con i suoi reali bisogni, desideri e talenti. E allora via; ho scritto un altro monologo “Quelle brave ragazze”, e la cosa più interessante che ho scoperto è che l’alternativa alla brava ragazza non è la cattiva ragazza, ma la “ex brava ragazza”. E’ come per i fumatori; chi ama fumare non diventerà mai un “non fumatore” ma può senz’altro diventare un “fumatore che non fuma”. E così è anche per noi QBR (QuelleBraveRagazze); io credo che avrò sempre la tentazione procurarmi amore assecondando il prossimo – come da copione di ogni brava ragazza – ma, piano piano, sto imparando a non farlo. Preferisco essere “brava” ad ascoltare e ad assecondare me stessa sviluppando, in questo modo, anche la mia capacità di dare e ricevere amore. E’ un duro lavoro ma qualcuno lo deve pur fare … e quel qualcuno (che ci farà vivere felici e contente) non possiamo che essere noi. Quanto al “per sempre”, questa è un’altra storia.
Per farsi ascoltare, bisogna essere sempre “un’ISOLA fuori dal coro?”
Mmmm, bella domanda … La Divina che è in me sta gongolando nel ricordare il premio che ho ricevuto nel 2013 come “Artista fuori dal coro”. Ebbene sì, io sono la Isola fuori dal coro, ma – tornando alla domanda – non è che io riesca sempre a farmi ascoltare quanto vorrei, soprattutto dal mio cane che è sardo, ha la testa dura, ha dieci/dodici personalità pure lui, e vaglielo a spiegare che deve fare quello che dico io! In ogni caso, non so se si debba stare fuori dal coro per farsi ascoltare, ma so che le persone che – nella mia vita – ho ascoltato con maggiore piacere e attenzione, tenendo la bocca ed il cuore spalancati, in un modo o nell’altro, stavano raccontando una storia che non conoscevo e che mi mostrava una prospettiva nuova del mondo e della vita. C’è qualcosa di cui tutti noi abbiamo voglia e bisogno: di meravigliarci! E chi sta troppo dentro al coro, come fa a destare meraviglia? E poi ci sono cori e cori; c’è il coro del Nabucco che, all’Arena di Verona, mi ha così travolta d’emozione che uno sconosciuto mi ha passato una boccetta di grappa per farmi riprendere, ci sono i cori Gospel che ho sentito ad Harlem in una messa di tre che avrei voluto ne durasse altre tre … e poi ci sono i cori dei luoghi comuni e della lamentele (io vivo a Genova e qui il “mugugno” è quasi un dovere civile) … “e che noia che barba, e l’estate quest’anno non arriva maim ma appena arriva fa troppo caldo, e bla bla bla … e mettiamoci in testa che in questo paese non va bene niente di niente di niente e, se qualcuno osa dire che c’è un altro modo possibile di guardare le cose, noi ci alziamo e ce ne andiamo”. Ecco, io questi cori li multerei con sanzioni altissime perché li considero il vero grande nemico da combattere. Forse esagero, forse è la Cappuccetto Rosso che è in me che mi fa stare più lontana possibile da giornali, TG e messaggeri di sventure vari, ma credo davvero con tutta me stessa che siamo qui per COSTRUIRE qualcosa di bello e che abbiamo tutti la facoltà di farlo, ognuno con i suoi talenti e nel settore che più gli piace; se questo significa stare fuori dal coro, allora ci starò, e farò sempre del mio meglio per farmi ascoltare. Di recente un caro amico mi ha ricordato una frase di Nietzsche: “e coloro che furono visti danzare vennero giudicati pazzi da quelli che non potevano sentire la musica”. Ecco, è questo che cerco di fare attraverso il mio lavoro: far sì che tutti possano imparare a sentire la musica. E a danzare.
Un augurio ed un consiglio a Francesca
Auguro a Francesca di essere sempre fiera di se stessa e di sentire sempre più spesso e sempre più forte quella vocina interiore che ride, fa le capriole e grida “wow!!!! Ma che figata è essere me!!!” Le consiglio di dormire di più, di mangiare meno formaggio, di essere un po’ più morbida con se stessa (e, a volte, anche con gli altri) e di tenere sempre a portata di mano l’infallibile rimedio ai momenti un po’ più difficili: “ehi, Franci, passerà!”
Un augurio ed un consiglio a LeadingMyself
Auguro a LeadingMyself e alla sua “mamma” Barbara (che ringrazio per questa intervista) una lunghissima e felice vita, senza nessuna limitazione di iniziative, idee, folli sogni e mirabolanti progetti! Che possa essere sempre uno di quegli altri mondi possibili che – in fondo – tutti noi vogliamo vedere. Un consiglio? Trovare una scusa qualunque per organizzare una grande festa dove tutti coloro che sono passati da LeadingMySelf attraverso la rete, possano incontrarsi di persona e fare questo brindisi: “ad un mondo pieno di persone straordinarie! Salute!”
A cura di Barbara M. @paputtina
FRANCESCA ISOLA Sono una formatrice, autrice ed attrice teatrale; laureata in Filosofia, con un Master in Risorse Umane e uno in Programmazione Neuro Linguistica, da oltre quindici anni mi occupo di Teatro d’Impresa in qualità di FormAttrice, creando progetti volti allo sviluppo delle risorse espressive, comunicative e creative individuali, per conto di importanti aziende, enti di formazione e università sul territorio nazionale. Dal 2010 porto avanti la mia attività di autrice e attrice teatrale, con i monologhi “Torno prima o poi”, “Conflitti”, “Pillole teatrali per ragazze perplesse”, “Aiuto, mi laureo!” e “Quelle brave ragazze”, oltre ai numerosi monologhi scritti su misura per le aziende; nel 2013 ho ricevuto il premio “Un’artista fuori dal coro”. Applausi! Da due anni porto avanti il progetto “Dipende”, spettacolo sulle dipendenze scritto per LILT – Lega Italiana per la Lotta ai Tumori, e messo in scena da un gruppo di meravigliosi ragazzi adolescenti di cui sono innamorata pazza. I miei sogni per il futuro? Parliamone.
https://www.facebook.com/frncscisola
“Mi piace un insegnante che ti dà qualcosa da pensare da portare a casa oltre ai consueti compiti. “ (Lily Tomlin)
“Quel che non è leggermente difforme ha un aspetto insensibile − ne deriva che l’irregolarità, ossia l’imprevisto, la sorpresa, lo stupore sono una parte essenziale e la caratteristica della bellezza.” (Charles Baudelaire)
“I propri pensieri non devono essere sempre necessariamente nuovi. Ma è facile che colui che ha un nuovo pensiero lo abbia da un altro.” (Karl Kraus)
“Ero convinta di avere bisogno di un uomo per definire me stessa. Ora non più” (Capucine)
“Sii il cambiamento che vuoi vedere avvenire nel mondo” (Gandhi )
Evelyne, chi è una black-italian?
Diciamo che il termine black-italian ha diversi sinonimi come seconde generazioni, afropolitani, afroitaliani, insomma gli aggettivi sono tanti e penso che ognuno abbia il diritto di scegliere quale meglio lo rappresenti, quale utilizzare per autodefinirsi. Nel mio caso preferisco la parola afroitaliana o meglio ancora italoghanese, in modo da evidenziare la duplice identità che mi appartiene, per dare spazio alle culture e due paese che ho intrinseche in me. Un mix tra essere Italiana e Ghanese, la prova che due paesi così lontani e distanti, due continenti diversi, continenti a parte, possono incontrarsi e creare qualcosa di positivo e magico.
Com’è nata l’idea di www.nappytalia.it?
Nappytalia nasce per un’esigenza personale, per soddisfare il bisogno di essere me stessa attraverso i miei capelli. Tutto nasce dopo che mi rendo conto di non essere come gli altri mi vedono. Ergo mi sono sempre considerata “italiana al 100%”, ma ad un certo punto della mia vita, spostandomi da Nova Milanese a Milano, gli altri hanno iniziato a farmi notare che oltre all’essere italiana c’era una parte di me che non avevo mai preso in considerazione, perché io non facevo neanche caso al colore della mia pelle. Penso che vedersi crollare di fronte le certezze di 19 anni, quasi 20 di vita, sia alquanto devastante. Tu dici di essere in un modo, ma la vita quotidiana, la tua carta di identità, il tuo passaporto, chi non ti conosce, ma ti circonda, ti incontra casualmente ti vede solamente come nera, ti sottolinea costantemente questa diversità che prima di allora mai avevi colto così profondamente. Ebbene sì, mi sono dovuta guardare allo specchio e fare i conti con la realtà, ma soprattutto la verità, perché’ gli altri penso non hanno fatto nulla di male, forse in primis toccava a me abbracciare l’altra mia metà. Sono riuscita a superare questa “crisi di identità” leggendo dei libri di Osho, che mi hanno permesso di cogliere la mia essenza, la mia parte più nascosta, mi ha aiutato a togliere le maschere e corazze che usavo per non farmi del male o semplicemente per sentirmi parte della società, finalmente mi sono mostrata per quella che ero: Evelyne. Sì perché alla fine di questo percorso ho capito che non vi era nulla di sbagliato in me, dovevo semplicemente essere me stessa. Essere la ragazza spensierata con l’accento brianzolo, ma che parla anche in Twi ed Inglese, che ama il fufu (tipico piatto ghanese) ma anche la polenta con la salsiccia, che gesticola mentre parla ma che ha la pelle color ebano. Io ero e sono semplicemente bellissima così con queste sfumature contrastanti tra loro ma che hanno una ricchezza indescrivibile, perché mi rendo conto solo ora del bello di ciò. Una volta ritrovatami, ho deciso di esprimere ciò attraverso i capelli, ci sarebbero state tantissime altre cose che avrei potuto utilizzare, ma i capelli per me, hanno sempre avuto un ruolo importantissimo. Ho sempre prestato particolare attenzione alle mie acconciature; c’è stato il periodo di extension, treccine, mi sono rasata completamente, mi sono rasata alla Rihanna, ogni acconciature descriveva il mio stato d’animo, e finalmente che ero me stessa, che acconciatura si addiceva a me? Per logica ho pensato, li lascerò crescere naturalmente, senza applicare nessun prodotto, volevo vedere come sarebbero venuti fuori i miei capelli senza la stiratura chimica, nel giro di 2 o 3 mesi ho scoperto una ricrescita riccissima, boccolosissima, foltissimi, mentre sopra erano stirati e pochi in consistenza. Non ho avuto il coraggio di tagliarli tutti subito, ho deciso di fare il transitioning e più vedevo come crescevano i miei capelli naturali, più ero felice. Ogni mese tagliavo 5 cm della parte stirata, poi finalmente mi sono decisa e mi sono liberata di tutta la parte stirata. Big chop : aprile 2013. Ero felicissima, contentissima, vedevo i miei capelli, sani e forti, ma soprattuto ero me stessa al completo, fuori e dentro. Per i primi mesi mi sono immersa su internet alla ricerca di informazioni, siti, tutorial, qualsiasi fonte, potesse darmi info sulla cura dei capelli Afro. Intere giornate e pomeriggi a tradurre informazioni in inglese, americano e francese, poi ad un certo punto ho conosciuto Belinda, la mia salvezza per il primo anno di “Natural Hair Journey”. Una ragazza di origine Ghanese , natural da ormai 3 anni che però studiava architettura a Firenze, quindi collegate grazie a Facebook lei ha iniziato a dimezzarmi il “lavoro” delle mie traduzioni, dandomi dritte e consigli ad ogni ora, non stop. Ma io non ero ancora soddisfatta, mi pareva alquanto strano ed assurdo che in tutta Italia fossimo le uniche due ad aver scelto questa strada dei capelli Naturali, ad aver detto no alle creme stiranti (oltretutto dannoi) quando invece in America se ne parlava gia’ da 7-9 anni, ed in Francia e UK da almeno 5. Mi son detta vediamo se sono veramente l’eccezione?! 1 Gennaio 2014 apro una pagina Facebook, Afro-Italian Nappy Girls, l’inizio di Nappytalia. Afroitalian perche’ volevo evidenziare questa mia presa di coscienza e di esistenza della mi duplice identita’, Nappy deriva da un termine Americano che vuol dire “Naturally Happy” e Girls perche’ non sapevo ancora che oltre alle ragazze, molti ragazzi si sarebbero uniti alla casua. La pagina ha fatto un discreto aumento di followers quotidianamente, molto attiva sui diversi temi per la gestione dei nostri capelli, veramente ricca di contenuti ed interventi di molte ragazze, ma a me mancava una parte, non era tutto cosi’ astratto, c’era qualcosa di profondo ed oltre quei capelli, quei prodotti, quei modi di acconciare i miei capelli. Se avete letto fin ora piacevolmente il mio racconto, avrete “inconsciamente” scoperto che a me piace scrivere, ma difficilmente condivido i miei pensieri per una questione di timidezza e riservatezza, ma in quel momento della pagina dovevo far capire cosa aveva spinto me Evelyne a non stirare più i miei capelli. Volevo trasmettere il lato identitario, l’accettazione mentale e fisica dietro quel hobby. Scrissi un saggio “IO CHI SONO?” dove raccontavo a grandi linea in maniera molto leggera, le diverse tappe della mia vita, del mio percorso e cercavo di trasmettere l’essenza dietro quei capelli Afro. Se sono qui a scrivervi e’ perche’ quel saggio e’ arrivato, non solo alle ragazze della pagina, che si rivedevano in questa confusione, a chi i capelli naturali non li aveva ma vedeva questa somiglianza ma anche molte persone che in questo anno e mezzo hanno concesso e dato visibilita’ ed importanza a Nappytalia per il duplice lavoro e messagi di consapevolezza ed accettazione che sta mandano. Il blog e’ nato a settembre 2014, per mantenere un profilo piu’ professionale ed ordinato, includendo diverse parti come la parte dei Vocaboli, Storie della Nappy girls, la storia dei capelli Afro e degli articoli sulle Nappy celebrities per rendere il piu’ esauriente possibile questo “nuovo” mondo, includendo da questo anno gennaio 2014 la parte commerciale di vendita di prodotti per i nostri capelli Afro.
Cosa vuol dire per te essere “felicemente se stessi”?
Per me essere felicemente me stessa vuol dire potermi definire ed apprezzare come voglio io, senza dovermi sentire non abbastanza tra due schieramenti, vuol dire cogliere ogni mio lato e sfacettatura, accettare il fianco sporgente e la mia taglia 46 anche se le modelle in passerella portano la 38, vuol dire che essere nera non voglia per forza collocarmi lontano dalla mia Italia, ed il fatto di parlare bene l’Italiano e peccare magari nel mio Twi non mi renda altrettanto Ghanese. Essere Felicemente me stessa, vuol dire accettarmi ed apprezzarmi con i miei limiti, ma altrettanti pregi.
Un consiglio ed un augurio a Evelyne.
Dovrei dormire e riposare un po’ di più, attualmente non posso ancora dedicarmi solo ed esclusivamente a Nappytalia, svolgo anche un altro lavoro come receptionist part time per poter “tirare avanti”. Quindi è come se lavorassi 24 ore su 24, ma seguire il mio progetto, la mia creazione mi piace moltissimo ed anche se sto sveglia fino all 2 alle 3 di notte ed il mattino dopo alle 6 sono in piedi, diretta verso l’ufficio, non sento la stanchezza, perchè la soddisfazione personale nel realizzare, raggiungere traguardi ma soprattutto vedere come ciò che Nappytalia sta facendo sta introducendo finalmente un nuovo canone di bellezza. Per me mi auguro di realizzarmi, di diventare imprenditrice a tutti gli effetti, mamma part time e continuare verso i miei sogni, ma l’augurio più grande è di rimanere me stessa ora che mi sono ritrovata, di non cambiare mai e non permettere agli avvenimenti di cambiarmi.
Un consiglio ed una augurio a LeadingMyself.
Includiamo sempre più donne di altre origini per far vedere la multiculturalità di questa Italia, ma soprattutto la presenza di un nuovo volto dell’Italia. Vi auguro di continuare a trovare esempi di donne che fanno la differenza e sono leader nel loro piccolo, e di crescere.
A cura di Barbara M. @paputtina
Mi chiamo Evelyne Sarah Afaawua, sono nata in Francia ma cresciuta in Italia, a 12 anni mi sono trasferita in Ghana per 4 anni dopo di che sono rientrata in Italia. Mi sono diplomata a pieni voti come perito aziendale e corrispondente in lingue estere all’Istituto Commerciale Martin Luther King, o poi proseguito i miei studi all’Università Commerciale luigi Bocconi in Bachelor of international economics and management. Attualmente mi definiscono una natural hair blogger, imprenditrice ed una coach. Tra i miei hobby, lettura sui capelli afro e storia dell’Africa ed andare in palestra per scaricare lo stress. Dall’anno scorso sono Facebook dipendente, amo troppo seguire la mia community e conoscere tutte le ragazze che ne fanno parte. Tedxmilanowomen speaker, finalista ai Moneygram Awar
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