I miei turbanti da mille e una notte!

 

Sono nata a Teheran 1982 e mi sono trasferita in italia nel 2004. Ho una laurea in Graphic Design e una in Design Industriale, un master di Management della Moda presso Bocconi / Milano Fashion Institute ma dopo diverse esperienze nel settore grafico, design e comunicazione, ho deciso di dedicarmi al mio progetto che potesse esprimere me stessa creando il mio brand: Zahra Sartipi

Mi sono sempre interessata al mondo femminile e all’influenza della religione, ai cambiamenti politici, sociali economici sul modo di apparire delle donne sia in Oriente che in Occidente nel corso dei secoli.
Mi ispiro all’arte, storia, letteratura e poesia persiana, fiabe e cartoon. Mi piace immaginare e trovare i luoghi comuni tra le diverse realtà. 

Ho lanciato la mia prima collezione di turbanti e fasce a gennaio 2015, dove una sorta di “Le mille e una notte” incontra il Made in Italy.
Copricapo in generale; come un elemento per coprirsi i capelli come sono abituata a vedere le donne con il velo del mio paese, come elemento che ricorda la mia epoca preferita: “La Belle E’poque”  e anche come un accessorio di massima eleganza nei diversi anni della storia della moda.

 

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Per ora sono tre diversi modelli di copricapo e fasce: 
Lady Marion (il copricapo ispirata al personaggio del mio cartone animato preferito da bambina: Robin Hood) 
Lulù ( la fascia ispirata a Louise Brooks) 
Mamà (il classico turbante comunemente usato da diverse etnie).

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I copricapi sono realizzati con un mix di tessuti preziosi come il Termeh persiano, seta, velluto e pelle.

Tutti sono pezzi unici e ogni singolo pezzo è realizzato a mano con massima attenzione al dettaglio.

Di cuore, spero vi piacciano….io ce la metto tutta!

 

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Zahra Sartipi
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Francesca Isola: 10 ragazze per me!

Francesca Isola, grande protagonista del Tempo delle Donne attraverso il suo teatro ma 10 ragazze, possono davvero bastare? 

Innanzitutto, mi fa piacere presentare alle lettrici (e ai lettori) di LeadingMyself le mie dieci ragazze che, in questo momento, se ne stanno lì appollaiate alle mie spalle nella veste di squadra controllo qualità per verificare che le mie risposte siano corrette; gentile pubblico, ecco a voi Franziska, Musa, Libera, Madre Coraggio, Candy, Spavalda, Cassandra, Serena, Espansa e LaDivina. In realtà il numero esatto delle mie ragazze interiori è dodici; il titolo del mio spettacolo è “Dieci Ragazze” un po’ per esigenze di copione e un po’ per dimostrata impresentabilità delle rimanenti due (Coperta che, appunto, vive perennemente rintanata sotto le coperte perché tanto nessuno al mondo la capisce, e Medusa che passa le giornate a meditare atroci vendette ai danni di chi la ferisce). Già da ragazzina avevo intuito che c’era parecchio affollamento di voci dentro di me, ma è stato solo nel 2010 – scrivendo il mio primo monologo “Torno prima o poi” – che le fantastiche 12 si sono presentate ufficialmente, con tanto carta di identità alla mano, raccontandomi chi erano, come vedevano la vita e cosa volevano da me. “Ma chi vi ha chiamate?” E’ stata la mia prima reazione. “Chi vi ha chiesto niente? Non si usa più sostenere un colloquio di selezione prima di essere assunte?” Evidentemente no! Le mie dodici ragazze si erano già prese la loro scrivania all’interno dell’azienda “me stessa” e lavoravano indefessamente giorno e notte per cercare di dirigere la mia vita secondo la loro personalissima vision individuale che, naturalmente, si contrapponeva a quella delle altre undici. Bene! Sarà per questo che le decisioni della mia vita, da quelle più importanti fino alla banale scelta di una di pizza, presentano sempre un alto livello di conflittualità interiore? Fatte queste premesse, la logica risposta alla domanda “10 ragazze posson bastare”? dovrebbe essere SI’!!! Anzi, ci sono dei giorni in cui farei qualunque cosa per ridurre un po’ il “personale” interiore; un prepensionamento magari, un bel percorso di outplacement o, almeno, delle ferie accumulate. Tuttavia, la mia risposta è che non potrei fare a meno di nessuna delle mie ragazze; anzi, se se ne dovessero presentare ancora delle altre, le accoglierò e le prenderò a bordo della mia/nostra vita. Credo che le ragazze interiori siano, per ciascuna di noi, la grande possibilità di essere noi stesse, di vivere tante vite in una e di esprimere quel qualcosa di UNICO che nessun’altro mai potrà esprimere. E non solo; sviluppare familiarità con le mie diverse voci interiori mi ha insegnato a riconoscere meglio quelle di chi mi sta accanto e ha moltiplicato così le mie occasioni di incontro e di relazione. Mica male no? L’importante – secondo me – è tenere sempre ben vigile una sorta di “coordinatrice imparziale” che ascolti tutte le ragazze e si prenda cura dei loro bisogni, ma senza lasciarsene travolgere; in altre parole, a guidare la nostra folle e variopinta nave ci siamo sempre noi (LeadingMyself) ma – ammutinamenti a parte – se, oltre alla rotta giusta, c’è anche una bella compagnia di vecchie amiche sempre pronte a far baldoria … beh, il naufragar ci sarà più dolce (e divertente) in questo mare.  

Le principesse di oggi devono essere buone o cattive? 

Ehm, questione delicatissima. Cerco di andare per punti. Il primo punto è che – secondo me – oggi non è proprio un grande affare essere una principessa; da Lady Diana a Grace Kelly fino alle sorelle Carolina e Stephanie di Monaco, la principesca vita ci ha mostrato degli spiacevoli effetti collaterali a cui, personalmente, rinuncio volentieri. Quanto alla scelta di campo “faccio la brava o la cattiva ragazza?”, io le ho provate tutte e due e, in entrambi i casi, i risultati sono stati disastrosi. Il mio periodo “brava ragazza”, in cui ho seguito passo passo i preziosi insegnamenti delle fiabe, l’ho trascorso in una sorta di perenne sala d’attesa; attendo il principe azzurro, attendo la grande occasione, attendo il momento giusto, il posto giusto, il lavoro giusto, il clima giusto … e poi attendo anche di essere abbastanza magra, abbastanza bella, abbastanza pronta, abbastanza tutto quello che voi volete che io sia … “tranquilli non c’è fretta, sono solo 40 anni che aspetto, ho le piaghe da decubito, i sogni nel cassetto sono così pieni di polvere che forse si saranno già polverizzati, ma” … non c’è problema, se devo attendere, io attenderò. “Avanti la prossima!!” – “Tocca a me?” – “No, signorina, lei stia BRAVA lì che, quando è il suo turno, la chiamiamo noi”. Eh no, adesso basta! A un bel pezzo del cammin di nostra vita mi ritrovavo ad essere la perfetta “ragazza da favola” che gli altri si aspettavano, e mi sforzavo ogni giorno di seguire le orme di Biancaneve e colleghe per ricevere il premio più ambito da tutti gli esseri umani: essere amata. Sì ma a che prezzo? Arrivata a quel punto, quello che IO mi aspettavo da me mi era ormai totalmente ignoto. E così sono passata alla fase “cattiva ragazza”, eleggendo a mia icona personale la giovane e ribelle Cappuccetto Rosso che “se ho voglia di andare nel bosco io ci vado, ok? E se ho voglia di seguire il lupo io lo seguo, ok?” E, per un po’ è stato bello, quasi inebriante; fare SOLO quello volevo IO, TUTTO quello che volevo IO … ma in realtà stavo solo facendo il contrario di quello che volevano gli altri; ero un’eccellente cattiva ragazza che ancora non aveva il minimo contatto con i suoi reali bisogni, desideri e talenti. E allora via; ho scritto un altro monologo “Quelle brave ragazze”, e la cosa più interessante che ho scoperto è che l’alternativa alla brava ragazza non è la cattiva ragazza, ma la “ex brava ragazza”. E’ come per i fumatori; chi ama fumare non diventerà mai un “non fumatore” ma può senz’altro diventare un “fumatore che non fuma”. E così è anche per noi QBR (QuelleBraveRagazze); io credo che avrò sempre la tentazione procurarmi amore assecondando il prossimo – come da copione di ogni brava ragazza – ma, piano piano, sto imparando a non farlo. Preferisco essere “brava” ad ascoltare e ad assecondare me stessa sviluppando, in questo modo, anche la mia capacità di dare e ricevere amore. E’ un duro lavoro ma qualcuno lo deve pur fare … e quel qualcuno (che ci farà vivere felici e contente) non possiamo che essere noi. Quanto al “per sempre”, questa è un’altra storia. 

Per farsi ascoltare, bisogna essere sempre “un’ISOLA fuori dal coro?”  

Mmmm, bella domanda … La Divina che è in me sta gongolando nel ricordare il premio che ho ricevuto nel 2013 come “Artista fuori dal coro”. Ebbene sì, io sono la Isola fuori dal coro, ma – tornando alla domanda – non è che io riesca sempre a farmi ascoltare quanto vorrei, soprattutto dal mio cane che è sardo, ha la testa dura, ha dieci/dodici personalità pure lui, e vaglielo a spiegare che deve fare quello che dico io! In ogni caso, non so se si debba stare fuori dal coro per farsi ascoltare, ma so che le persone che – nella mia vita – ho ascoltato con maggiore piacere e attenzione, tenendo la bocca ed il cuore spalancati, in un modo o nell’altro, stavano raccontando una storia che non conoscevo e che mi mostrava una prospettiva nuova del mondo e della vita. C’è qualcosa di cui tutti noi abbiamo voglia e bisogno: di meravigliarci! E chi sta troppo dentro al coro, come fa a destare meraviglia? E poi ci sono cori e cori; c’è il coro del Nabucco che, all’Arena di Verona, mi ha così travolta d’emozione che uno sconosciuto mi ha passato una boccetta di grappa per farmi riprendere, ci sono i cori Gospel che ho sentito ad Harlem in una messa di tre che avrei voluto ne durasse altre tre … e poi ci sono i cori dei luoghi comuni e della lamentele (io vivo a Genova e qui il “mugugno” è quasi un dovere civile) … “e che noia che barba, e l’estate quest’anno non arriva maim ma appena arriva fa troppo caldo, e bla bla bla … e mettiamoci in testa che in questo paese non va bene niente di niente di niente e, se qualcuno osa dire che c’è un altro modo possibile di guardare le cose, noi ci alziamo e ce ne andiamo”. Ecco, io questi cori li multerei con sanzioni altissime perché li considero il vero grande nemico da combattere. Forse esagero, forse è la Cappuccetto Rosso che è in me che mi fa stare più lontana possibile da giornali, TG e messaggeri di sventure vari, ma credo davvero con tutta me stessa che siamo qui per COSTRUIRE qualcosa di bello e che abbiamo tutti la facoltà di farlo, ognuno con i suoi talenti e nel settore che più gli piace; se questo significa stare fuori dal coro, allora ci starò, e farò sempre del mio meglio per farmi ascoltare. Di recente un caro amico mi ha ricordato una frase di Nietzsche: “e coloro che furono visti danzare vennero giudicati pazzi da quelli che non potevano sentire la musica”. Ecco, è questo che cerco di fare attraverso il mio lavoro: far sì che tutti possano imparare a sentire la musica. E a danzare.

Un augurio ed un consiglio a Francesca 

Auguro a Francesca di essere sempre fiera di se stessa e di sentire sempre più spesso e sempre più forte quella vocina interiore che ride, fa le capriole e grida “wow!!!! Ma che figata è essere me!!!” Le consiglio di dormire di più, di mangiare meno formaggio, di essere un po’ più morbida con se stessa (e, a volte, anche con gli altri) e di tenere sempre a portata di mano l’infallibile rimedio ai momenti un po’ più difficili: “ehi, Franci, passerà!”  

Un augurio ed un consiglio a LeadingMyself  

Auguro a LeadingMyself e alla sua “mamma” Barbara (che ringrazio per questa intervista) una lunghissima e felice vita, senza nessuna limitazione di iniziative, idee, folli sogni e mirabolanti progetti! Che possa essere sempre uno di quegli altri mondi possibili che – in fondo – tutti noi vogliamo vedere. Un consiglio? Trovare una scusa qualunque per organizzare una grande festa dove tutti coloro che sono passati da LeadingMySelf attraverso la rete, possano incontrarsi di persona e fare questo brindisi: “ad un mondo pieno di persone straordinarie! Salute!”

A cura di Barbara M. @paputtina

FRANCESCA ISOLA Sono una formatrice, autrice ed attrice teatrale; laureata in Filosofia, con un Master in Risorse Umane e uno in Programmazione Neuro Linguistica, da oltre quindici anni mi occupo di Teatro d’Impresa in qualità di FormAttrice, creando progetti volti allo sviluppo delle risorse espressive, comunicative e creative individuali, per conto di importanti aziende, enti di formazione e università sul territorio nazionale. Dal 2010 porto avanti la mia attività di autrice e attrice teatrale, con i monologhi “Torno prima o poi”, “Conflitti”, “Pillole teatrali per ragazze perplesse”, “Aiuto, mi laureo!” e “Quelle brave ragazze”, oltre ai numerosi monologhi scritti su misura per le aziende; nel 2013 ho ricevuto il premio “Un’artista fuori dal coro”. Applausi! Da due anni porto avanti il progetto “Dipende”, spettacolo sulle dipendenze scritto per LILT – Lega Italiana per la Lotta ai Tumori, e messo in scena da un gruppo di meravigliosi ragazzi adolescenti di cui sono innamorata pazza. I miei sogni per il futuro? Parliamone.

www.francescaisola.it

https://www.facebook.com/frncscisola

 

LeMastro, il nostro progetto tutto al femminile!

LeMastro, due giovani donne in un antico mestiere tutto al maschile.

LeMastro siamo noi, Francesca Latini e Giovanna D’Ulisse, due artiste trentenni che vivono e lavorano a Roma, laureata in Scienze della Moda e del Costume e con Diploma da modellista l’una e in Storia dell’Arte Contemporanea l’altra. La nostra avventura inizia 3 anni fa quando, mosse da curiosità e voglia di fare, ci “ritroviamo” in una bottega, una di quelle che a partire dagli anni della Dolce Vita hanno fatto del Made in Italy  un marchio di qualità, bellezza e garanzia riconosciuto in tutto il mondo. Ed è proprio in bottega che abbiamo studiato ed ereditato il mestiere di due maestri delle calzature: Mario Vitalucci e Orazio Giustiniani. È qui che abbiamo trascorso i nostri pomeriggi dopo le lezioni all’Università, è qui che abbiamo appreso l’arte di realizzare le scarpe a mano e su misura.

Ciò che rende unica l’artigianalità è la possibilità che un’idea prenda forma attraverso un’attenta elaborazione. Si impara ad apprezzare la bellezza del tempo speso nei dettagli ed è proprio questo che differenzia il nostro lavoro, rendendo ogni scarpa un oggetto unico, per noi e per chi lo indossa. foto 2_resized

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Così, nel 2015 nasce LeMastro, il nostro progetto tutto al femminile. Da qui la scelta del nome del nostro Marchio. In gergo, il “mastro”, sostantivo maschile, è il maestro, colui che trasmette, attraverso un quotidiano insegnamento, le tecniche e i segreti dell’arte calzaturiera. Oggi, noi, LeMastro, sostantivo femminile, vogliamo sdoganare questa “normalità” reinterpretando le nostre scarpe in chiave moderna. Creatività, arte e tecnica.

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Francesca Latini e Giovanna D’Ulisse

La bellezza non è mai effimera

Da piccola mi guardavo intorno e pensavo a come poter tradurre suoni, colori, sentimenti, profumi ed emozioni in immagini. L’acquerello, il disegno, i cartoni colorati, la maglia, i collage tutto andava bene per esplorare. L’Istituto d’arte prima e l’Accademia delle Belle arti dopo sono state il naturale percorso lungo il quale ho imparato tecniche e caratteristiche dei materiali: ferro, legno argilla, rame, zinco, ottone e tela per dipingere, incidere e stampare. Non disdegnavo nulla. Quel che mi mancava era la bottega, avvertivo l’esigenza di passare dal percorso didattico alla vita lavorativa. Iniziai il mio apprendistato in un laboratorio di decorazione e arredamento e la passione divampò. Quel che avevo sognato si avverava. Dipingevo tromp d’oeil, decoravo mobili e oggetti di uso comune, popolavo spazi da abitare interpretando la personalità di chi li viveva.

Nel 2002 mi sentivo pronta per lanciarmi e aprì un laboratorio dove trascorrevo giornate tra i pennelli, dipingevo prevalentemente su legno e il lavoro di decoratrice e interior designer mi conquistò. Fino a quando un giorno, cinque anni fa, andai a vedere una mostra  e vidi dei gioielli realizzati da una architetta: collane e spille creati con materiali di scarto delle sue ristrutturazioni. Fu un colpo di fulmine. Decisi che avrei realizzato accessori fashion come pezzi d’arte da indossare: colorati e decisi nel design. Dovevo, però, trovare il mio materiale, quello che mi consentisse di plasmare le idee. Tentai prima con la pelle, poi con le mie creazioni: stampe su carta, xilografie, calcografie e dipinti ma fu un fallimento, non erano resistenti. Il tempo passava e non ero soddisfatta dei tentativi. Capì che era necessario imparare cercando dei maestri. Scoprì una scuola fiorentina di gioielleria contemporanea, “Alchimia”. Il nome era già intrigante di suo e poi tanti erano gli “Alchimisti” che mi attraevano, una in particolare era la mia preferita, Yoko Shimizu, allieva di Giampaolo Babetto designer di gioielli e arredo che ama lavorare con un materiale che mi affascina perla sua duttilità: la resina epossidica.

Sognavo…sognavo che un giorno avrei partecipato anche ad uno solo di quei corsi che Yoko teneva.. . e un assolata mattina di questa primavera finalmente il giorno è arrivato. Che gioia la resina! Posso plasmarla, tagliarla, piegarla e arricchirla con i materiali più diversi che da tempo corteggiavo: sabbia, pietre, pigmenti naturali, carta di ogni tipo e, soprattutto, i miei tanto amati disegni, dipinti e stampe. Da qualche mese cammino sull’orbita di un cerchio che si chiude, una ruota che gira come la vita.. ed è per questo che ho deciso di intitolare la mia prima collezione di gioielli in resina “Circle”. Lamine in foglia oro inserite nella resina sulle quali ho dipinto  sottili linee concentriche … il cerchio della vita.

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Come avrei potuto chiamare dei gioielli così diversi, così pieni di me… DJ differentjewels. Da un punto di vista economico non è il momento migliore per presentare oggetti ritenuti effimeri e superflui ma è proprio quando la società si impoverisce che si rischiano le tenebre…la bellezza non è mai effimera, è l’unica cosa che ci salva.

Maria Carolina Siricio napoletana classe ’77 diplomata in PIttura all’istituto d’arte Filippo Palizzi frequenta l’Accademia delle Belle Arti di Napoli e consegue il diploma di laurea in tecniche della decorazione. Nel 2004 decide di aprire il suo di atelier “Arte di Creare” dove lavora come decoratrice del mobile e del complemento d’arredo, contemporaneamente riprende l’uso dei materiali alternativi alla pittura x creare  accessori fashion con il marchio di “Dj differentjewels.

“ Se si sogna da soli è solo un sogno, se si sogna insieme è la realtà che comincia!

Roberto Saviano recentemente ha detto “ la creatività ha una profonda verità. Non commenta, non borbotta, fa. Si mette all’opera”. Questa frase racconta chi sono e rappresenta la filosofia che mi ha spinta ad iniziare una campagna di crowdfunding per finanziarmi gli studi.

Mi chiamo Federica, ho 24 anni e vivo in un piccolo paese nelle Marche. Da piccola ero una terribile monella, poi ad un certo punto ho smesso di sfidare gli altri ed ho iniziato a sfidare me stessa, iniziando ad amare la scuola, che mi ha insegnato a vivere e mi ha spinta a superare i limiti che le persone attorno a me cercavano di pormi. Mi sono laureata con lode all’università IULM di Milano, dove ho studiato grazie a tante borse di studio; durante gli studi ho lavorato per l’università e ho iniziato a scrivere recensioni per Cinefile.biz. In passato ho lavorato come cameriera, commessa, animatrice e sono stata educatrice in Azione Cattolica. Sono stata giurata al Giffoni Film Festival per due anni e ho lavorato come stagista a Mediaset. Ha avuto la possibilità di viaggiare con delle borse di studio, l’ultima per Londra che mi ha consentito di seguire il London Film Festival nel 2013. Ho vissuto a Montclair, New Jersey, per tutto il 2014, lavorando come ragazza alla pari per una famiglia con quattro bimbe.

Questo anno per me non è stato una pausa. E’ stato lavoro, cultura, confronto, e ispirazione. Ho fatto una cosa che non credevo possibile per me. Ispirata dalla famiglia che mi ospitava e dalla convinzione che nella vita le cose non ti accadono se non sei tu a farle accadere, ho fatto domanda a delle università americane. “Nessuno mi prenderà mai”. E invece, contro ogni previsione, mi è stata offerta l’ammissione dalla Columbia University di New York e sono sulla lista d’attesa per la Chapman University in California. Solo il 6,9% degli studenti che ha fatto domanda è entrato nel 2014 in Columbia. Sono stata scelta per frequentare il corso MFA in Film Producing. Si tratta di una laurea specialistica che si concentra sul ruolo del produttore cinematografico come forza creativa dietro la realizzazione di un film. La notte del 21 Aprile è arrivata l’ammissione. E’ una di quelle gioie che vedi sempre accadere agli altri, magari nei film, e che ho provato sul serio. Eppure non mi reputo più intelligente di altri, so di non essere la migliore, ma ho solo tanta voglia di imparare e di farcela, di cambiare le cose, per me oggi, per la mia comunità un giorno. Sono tornata da 4 mesi e l’Italia non mi ha offerto nulla, ho trovato lavoro solo il sabato sera in pizzeria. L’America invece mi ha dato un’ occasione importante, che costa, ma che vorrei non sprecare.

Vorrei studiare produzione in America perché voglio capire come gli statunitensi capitalizzano la loro “cultura”, come riescono a fare “impresa”. E soprattutto perché il sogno di studiarci, adesso, è diventato occasione. Sono convita che sia possibile cambiare il mondo raccontando storie. I film sono, secondo me, catalizzatori di cambiamento. Lo storytelling è essenziale per la società, per le persone è importante raccontare e sentire storie e la mia aspirazione è renderlo possibile.

Provengo da una famiglia di umili origini che ha sempre fatto tantissimi sacrifici per far studiare me e mio fratello e che non può sostenere la spesa dei mie studi. Il crowdfunding per l’istruzione è collaudato nel resto del mondo e ho deciso di intraprendere questa strada perché tanti altri studenti ce l’hanno fatta. Non volevo lasciare nulla di intentato ed era l’unico strumento a disposizione dal momento che il preventivo che mi ha fatto l’università è di $ 87.000. Se non dovessi raggiungere il totale necessario a partire restituirei le donazioni ricevute, tolto il 7,9% che è la somma che trattiene in automatico il sito. Non è elemosina, è un progetto di vita, un’iniziativa che ha il mio nome e la mia faccia. Nessuno è obbligato ma l’invito a partecipare è aperto a tutti perché più si è più la raccolta funziona. Purtroppo o per fortuna, ho sempre fatto in modo che i miei obiettivi fossero catalizzatori del mio destino, guidata da ambizione, costanza, passione, ottimismo, umiltà e rispetto per gli altri. Sono le nostre scelte a determinare chi siamo. Io sono una che sceglie sempre di provarci e che mette l’anima e il rispetto in tutto quello che fa. Questa prova mi ha costretta a chiedere umilmente aiuto, ad accettare un limite materiale, che esiste, ma non è insormontabile. In due mesi ho raccolto 17 mila euro netti. Considerando la borsa di studio che l’università mi ha concesso ($ 15.000) e varie detrazioni (come vitto/alloggio poiché sarò ospitata dalla famiglia americana presso la quale ho lavorato l’anno scorso) mancano 36 mila euro per poter partire ed essere presente all’appello il 31 agosto.

Qualcuno ha detto: “ Se si sogna da soli è solo un sogno, se si sogna insieme è la realtà che comincia”. Se vi va di far parte del mio sogno che è in realtà un progetto di studio, potete collegarvi su www.gofundme.com/fede-columbia; anche la sola condivisione della campagna sui social è importantissima perché funzioni. L’occasione c’è, il posto anche, manca qualcuno che ci creda insieme a me.

Per seguire la campagna: https://www.facebook.com/www.fedeatcolumbia.it

“L’uomo ha bisogno prima di immaginare e l’arte ha in questo una grande possibilità”

Da sempre ho cercato di capire quale fosse il mio senso . Ad un certo punto mi sono letteralmente scoperta artista . A quel punto mi sono chiesta quale fosse il ruolo sociale dell’arte contemporanea, poiché l’arte è sempre stata anche un grande strumento di comunicazione e di proiezione della società.

L’uomo ha bisogno prima di immaginare e l’arte ha in questo una grande possibilità.
Nella mia ricerca ho incontrato Joseph Beuys e la sua visione di una scultura sociale , ho capito di cosa stava parlando .
È successo così che il mio sentire e le mie intuizioni sono diventate una cosa sola e ho, con grande gioia trovato la strada .
Il primo progetto l’ho realizzato in una casa di accoglienza di Brescia. Il pretesto e lo strumento materiale di condivisione è stato il mio passato di sarta unito al presente d’artista.
La creatività è il capitale umano, non siamo nati per eseguire ma per creare, attraverso il fare diamo forma, non solo alle cose ma per naturale estensione alla nostra vita.
Onestamente non mi sento coraggiosa ma solo consapevole, la scultura sociale non è solo auspicabile ma è una realtà alla quale gia apparteniamo inconsapevolmente, siamo soggetti assolutamente interdipendenti.
Nel progetto al quale sto lavorando ora ho coinvolto non solo le donne delle case protette ma anche quelle del quartiere per far incrociare destini diversi e mai tanto distanti.
L’ho chiamato P.I.L. , questa cosa che pare l’unico riferimento di valore proprio per parlare di quale sia il nostro valore.
Io non credo che siano gli uomini a doverci riconoscere valore, dobbiamo prima riconoscercelo noi.
I mei progetti hanno anche un aspetto molto pratico, lavorando insieme condivido non solo una visione ma anche delle competenze che possono portare ad un’indipendenza economica, la prima forma di emancipazione.
Sono a sua disposizione per qualsiasi altra cosa voglia sapere.

Mi fa piacere che si parli di arte relazionale, più la conosciamo e più si può lavorare alla costruzione di una scultura sociale che ci appartenga.

 

Patrizia Fratus  http://www.patriziafratus.com/  Faccio scultura, materica e sociale. L’arte, libertà assoluta di forma e visione. Nella mia necessità di espressione e condivisione, la libertà mi ha reso consapevole e quindi responsabile. RACCONTO STORIE, l’uomo deve prima immaginare mentalmente il terreno su cui intende collocarsi e l’arte ha un’azione propedeutica all’immaginare nuove possibilità. Nel mio lavoro riverifico il passato per proporre nuove prospettive. Gli animali come metafore, prima di me Esopo, la Fontaine e tanta letteratura proponevano una morale rivolta all’uomo. Le mie metafore sono rivolte all’organismo sociale, nella nostra società globale, abitanti del mondo interamente conosciuto che in contemporanea condividiamo, necessitiamo di una consapevolezza comune. La mia non è una critica ma una proposta. Comunico attraverso la postura e con la presenza dell’ombelico, forma e sostanza, la condizione e il legame attraversano l’umanità.

CONDIVIDO POSSIBILITÀ con i laboratori di arte relazionale. Concetto d’arte allargato in maniera tale che, il suo campo d’azione è costituito direttamente dall’organismo sociale, un’arte che non si preoccupa più di costituire opera ma possibilità. Nei laboratori, fin qui realizzati con le donne ospiti di casa di accoglienza, condivido il mio fare e la consapevolezza che ciò è il mio, il nostro reale valore.

Storie, colori, emozioni per raccontare Milano, la Moda, l’arte e il cibo

Milano e’ una città culturale viva! L’ho sempre creduto seguendo in ogni occasione quello che la mia città aveva da offrirmi, con un’attenzione particolare però agli eventi di musica ed arte. Si, l’arte…così poco valorizzata …eppure così affascinante e stimolante! Una curiosità che si è trasformata in passione, poi in studio (di giorno o di notte, nei week-end e nel tempo libero) ed infine in opportunità per creare qualcosa che fosse mio, qualcosa in cui esprimere me stessa, la donna che con la maturità ho scoperto di essere: curiosa, appassionata, creativa. Certo questo non bastava….. erano necessari altri ingredienti…la mia esperienza nella comunicazione, nella gestione e realizzazione di eventi, il mio desiderio di far conoscere Milano, ma soprattutto la soddisfazione che ho scoperto riempirmi l’anima e il cuore quando racconto le mie storie e trasmetto la mia passione ad altre persone !

E’ così che ho creato il marchio D visitearte (www.dvisitearte.it) ed è così che lo studio teorico e pratico dell’arte, si perché mi sono lanciata anche in corsi di pittura en plein air in Toscana ed a Parigi, si sono trasformati in un progetto reale!

Ma il mio percorso non è ancora finito…sono sempre aperta a nuove idee parallele o complenentari alla mia!

Ma di cosa stiamo parlando?

I percorsi di D Visitearte sono visite guidate con un taglio sempre originale, arricchite da letture ed aneddoti, nonché musiche, immagini e video, grazie a supporti multimediali.

Questi, invece, sono alcuni progetti su cui sto lavorando:

D Moda a Milano©

Moda e arte, storia del costume e della Moda nei secoli, Moda e società… Conferenze, eventi, mostre, dimostrazioni di professionisti su trucco, arte, sartorialita’ ed artigianato; visite guidate nei Palazzi di Milano e nelle mostre, percorsi aperti a tutti nelle vie della città.. o mirati per i turisti stranieri nel quadrilatero della moda.

Il 1° Appuntamento delle conferenze – evento 2015 sulla storia della moda racconterà di una rivoluzione iniziata con il “New look”di Christian Dior, che impone alla Donna una nuova silhouette. Femminilità, fantasia, tessuti preziosi e nuovi pratici tessuti sintetici….gioielli, borse, cappelli sono i protagonisti! Una tra le partecipanti sarà la modella, che offrirà il proprio volto ad una consulente di bellezza e truccatrice professionista e sarà trasformata per una sera in una Diva anni ’50!

Ma racconterò anche di Milano e della stretta relazione tra Arte, Moda e società negli anni ’50. Nella sede della conferenza Metamorphosis Studio Olistico, uno spazio intimo ed accogliente, saranno esposti gli abiti di uno showroom e sartoria artigianale, in cui gli abiti da donna sono ancora realizzati su misura: ANGHINGO’ di Milano.

27 Febbraio 2015 “Donna e Diva: La Moda anni ‘50” #DDiva50

Del cibo e di Milano©

Il progetto può assumere diverse sfaccettature seguendo come fil rouge Milano e il cibo. Il cibo e l’arte. L’arte del ricevere. Il convivio. Il rito del caffè. Un esempio?

Lontani aromi e suoni nelle strade della Milano che fu….i caffè, i teatri, i circoli culturali e rivoluzionari© Il percorso si snoda per il centro di Milano in un viaggio nel tempo “virtuale” alla ricerca di quei luoghi in cui il “Caffé”, in tutte le sue accezioni, è stato protagonista … per guardare con occhio diverso luoghi ben conosciuti. Si inizia ricostruendo l’atmosfera di un Caffè tipico in un locale milanese sorseggiando la nera bevanda eccitante accompagnata da una panoramica sulla storia del caffè, una descrizione dei diversi aromi, degli strumenti e delle modalità di preparazione. Del cibo e di Milano è anche un modo diverso per passare del tempo insieme:

“Pranzo o cena” presso un ristorante che offre la tipica cucina ambrosiana, condita da tante curiosità, aneddoti ed approfondimenti sui piatti e i prodotti tipici. Storie che cambiano con il ristorante e con il menù, diverso ogni volta e studiato unicamente per D Visitearte …

Dell’arte che si fa! Milano … come Parigi Grazie alla collaborazione di artisti, associazioni e professionisti italiani o stranieri, organizzo o propongo: corsi di gruppo di disegno e pittura en plein air; lezioni singole o in micro gruppi per imparare contemporaneamente le basi del disegno e di una lingua (francese o inglese); seminari di pittura e meditazione.

Copia di 02-homepageesempioDiana Cicognini Guida turistica indipendente di Milano dal 2010, sviluppo percorsi in città, propongo visite guidate alle maggiori mostre – musei e palazzi di Milano, tengo conferenze su Milano- arte – cibo e Moda, organizzo eventi ricreativi (cene e pranzi in ristoranti della tradizione ambrosiana, corsi di pittura, letture con performance teatrali per adulti e laboratori per bambini), realizzo insieme ad altri partner progetti culturali. La passione per lo studio dell’arte e delle tradizioni milanesi assicurano che nei percorsi o progetti proposti, qualsiasi sia il tema scelto, creatività e originalità siano distintivi. Il background nelle relazioni pubbliche e nell’organizzazione di eventi fanno di me un partner completo

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