Sen. Valeria Fedeli: “Un mondo di donne e uomini”

Sen. Fedeli tempo fa ha detto: ”Valorizzare la paternità significa dichiarare che la maternità riguarda tutti”; può spiegarci meglio?

Valorizzare la paternità consente di superare l’idea che la maternità riguardi solo le donne, un’idea che penalizza gravemente sia le donne, limitandone i livelli occupazionali e le possibilità di ingresso e di permanenza nel mercato del lavoro, sia gli uomini, a cui non è consentito di vivere la nascita di un figlio come un evento positivo che comporta impegni e gioie per tutta la famiglia. Siccome la maternità non è un fatto privato, le tante buone pratiche diffuse in Europa, dalla Francia ai paesi scandinavi, ci insegnano che le misure volte a sostenere la genitorialità rappresentano un impegno concreto per migliorare la qualità della vita e per creare condizioni per una maggiore e migliore occupazione, specialmente per le giovani generazioni.

Non basta favorire un congedo parentale utilizzato quasi esclusivamente dalle donne, perché questo può, paradossalmente, favorire fenomeni di discriminazione e segregazione orizzontale. Bisogna valorizzare la paternità e le politiche di riequilibrio e condivisione dei carichi genitoriali perché così si può favorire la scelta per un positivo ritorno al lavoro delle madri in congedo. Anche dal punto di vista delle aziende la prospettiva deve cambiare, e deve realizzarsi il superamento della visione della donna potenziale madre come un handicap, un’idea distorta di fare impresa che in passato ha favorito la vergognosa pratica delle dimissioni in bianco. È fondamentale sostenere quindi la condivisione per padri e madri di responsabilità e gioie, oltre che la conciliazione: si tratta di cambiare approccio nella scelta di politiche pubbliche volte a sostenere la maternità, promuovendo maggiormente, a livello politico-normativo oltreché culturale, la condivisione delle responsabilità genitoriali.

Il giovanissimo cofondatore di Facebook resterà due mesi a casa per la nascita di sua figlia. A che punto siamo in Italia con il congedo parentale e cosa sta facendo lei in merito?

Il Jobs Act, con il decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 80, “Misure per la conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro”, ha introdotto una serie di misure, da me ampiamente condivise, per promuovere e sostenere la conciliazione nonché la condivisione dei carichi di cura tra i genitori. Si tratta di un provvedimento molto importante perché interviene sul congedo obbligatorio di maternità, per rendere più flessibile la possibilità di fruirne in casi particolari, e sul congedo parentale, prevedendo che possa essere utilizzato fino ai 12 anni del bambino, anziché 8 come in precedenza, e che dalla nascita del figlio, fino al compimento dei 6 anni, si potrà richiedere il congedo parzialmente retribuito, oppure dai 6 ai 12 anni quello non retribuito. Il congedo parentale, inoltre, verrà riconosciuto in uguale forma anche nei casi di adozione o di affidamento, e si dispone che in caso di mancata regolamentazione, da parte della contrattazione collettiva, anche di livello aziendale, delle modalità di fruizione di questo congedo, ciascun genitore può scegliere tra la fruizione giornaliera e quella oraria. Altre misure incluse nel decreto riguardano il caso di malattia grave del dipendente, in cui si garantisce il passaggio a un orario di lavoro part-time; la norma sul telelavoro, che prevede benefici per i datori di lavoro privato che vi facciano ricorso per venire incontro alle esigenze di cure parentali dei loro dipendenti; il congedo per le donne vittime di violenza ed inserite in percorsi di protezione. Anche sui congedi di paternità è stato compiuto un passo importante, prevedendo l’estensione a tutte le categorie di lavoratori, e quindi non solo per i lavoratori dipendenti come attualmente previsto, della possibilità di usufruire del congedo da parte del padre nei casi in cui la madre sia impossibilitata. Ma occorre fare di più, e per questo trovo importante che in Senato siano stati approvati due miei emendamenti alla Legge di Stabilità, uno sulla condivisione della genitorialità e uno per i voucher per il baby-sitting: il primo prolunga al 2016 la sperimentazione sulla paternità obbligatoria che fu lanciata ormai tre anni fa dall’ex Ministra Fornero, raddoppiandone la durata da uno a due giorni, più altri due facoltativi; il secondo, invece, ripropone, sempre per il 2016, il contributo concesso alle famiglie in cui le donne desiderino tornare a lavoro invece che fruire di tutto il periodo di maternità. Sarà importante adesso monitorare i risultati di questa sperimentazione perché saranno utili nel percorso del Disegno di Legge sulla condivisione della genitorialità, di cui sono prima firmataria in Senato: una proposta che interviene direttamente sull’istituto del congedo di paternità, proponendo che il padre lavoratore dipendente è tenuto ad astenersi obbligatoriamente dal lavoro per quindici giorni lavorativi, anche continuativi, entro i trenta giorni successivi alla nascita del figlio. Si tratta di un periodo pienamente retribuito con un’indennità a carico dell’Inps, una misura che risponde anche alla scelta di tanti padri che vorrebbero avere un ruolo maggiore nella crescita dei propri figli ma non riescono a farlo a causa di una legislazione ed una cultura antiquate, appiattite su uno stereotipo di ruoli per cui prevale l’idea che il figlio sia a carico della sola madre, e non curato sulla base di una reciproca libertà di scelta di entrambi i genitori.

La nuova Leopolda di Matteo Renzi, da sempre in prima linea per la valorizzazione delle donne, ha come titolo: “La terra degli uomini”. Cosa manca oggi perché sia la vera terra di uomini e donne?

Credo che “La terra degli uomini” sia un titolo scelto in omaggio a un libro di Antoine de Saint-Exupéry, ma è anche un bel pezzo di Jovanotti: trovo sia un bel titolo se penso alle parole di Matteo Renzi, che ha specificato che alla Leopolda è “bandito l’uso del politichese” e “sono apprezzate le proposte più che le polemiche”. Poi certo, per chi come me è abituata a declinare sempre i linguaggi sia al femminile che al maschile questo titolo fa uno strano effetto, tant’é che per la mia periodica newsletter tematica internazionale ho scelto da tempo il titolo “Un mondo di donne e di uomini”. Detto questo, oggi abbiamo donne in Parlamento e Governo in una misura senza precedenti nella storia repubblicana, e anche se questo non garantisce di per sé la rispondenza delle scelte politiche da fare per le donne e con le donne, si tratta comunque di un cambiamento fondamentale. Molte delle scelte di questa legislatura, compiute da parte sia del Parlamento che del Governo, sono state da esempio: pensiamo all’attenzione alla democrazia paritaria, con le norme non discriminatorie presenti nella riforma costituzionale, nella legge elettorale nazionale e nel ddl, approvato per ora solo al Senato, sulle elezioni regionali, oppure al contrasto alla violenza di genere, con la ratifica della Convenzione di Istanbul, la legge sul femminicidio, il piano antiviolenza, l’introduzione dei principi di parità e non discriminazione nella riforma della scuola.

Credo che la sfida più grande sia continuare a mettere in campo norme che facciano anche cultura, portando il Paese avanti sulla via dell’Europa e di una modernità fatta di diritti e cittadinanza piena per tutti e per tutte. Non possiamo più permetterci di trascurare l’empowement economico delle donne: il lavoro è lo strumento principale per costruire libertà e partecipazione femminile, ed aumentare la loro autonomia, garantire loro di poterci essere partendo da una condizione di uguaglianza con gli uomini. Anche per questo mettere le imprese in condizione di poterle assumere senza oneri eccessivi, vuol dire liberare un potenziale di crescita enorme per tutto il Paese.

Un consiglio ed un augurio futuro a Valeria.

A me stessa do lo stesso consiglio che sento di dover dare alle ragazze di oggi, quello di essere se stesse sempre, di non omologarsi rispetto agli uomini, perché non c’é niente di più errato che pensare che declinare al maschile linguaggi e comportamenti possa conferire maggior prestigio o forza alle donne: se si vuole essere autorevoli bisogna esercitare i propri talenti, le proprie competenze, la propria determinazione, il proprio impegno, senza imitare qualcun altro. Un augurio futuro è quello di continuare a contribuire, ciascuno per le proprie responsabilità, a migliorare per tutti il nostro Paese, per costruire una sostanziale cittadinanza per donne e uomini, senza discriminare nessuna persona.

Un consiglio ed un augurio a tutte noi.

Nell’ultima intervista, un anno fa, vi avevo augurato e consigliato di fare rete e di essere solidali. Oggi la vostra realtà è cresciuta e vi auguro di proseguire su questa strada. In fin dei conti, le donne che hanno fatto la storia della nostra Repubblica sono quelle che più di altre hanno saputo fare proprio questo principio: unire nelle differenze, e condividere valori. Un modo di impegnarsi nella politica, nel fare impresa, nell’assumersi responsabilità nella vita pubblica, che oggi, anche grazie alle nuove tecnologie, può risultare vincente.

A cura di Barbara M.  @paputtina

Valeria Fedeli  @valeriafedeli

Nata a Treviglio (Bg) il 29.07.1949, laureata in Scienze Sociali, sposata. Valeria Fedeli è stata segretaria generale della Filtea, la categoria tessile della Cgil, dal 2000 al 2010 e poi, fino al 2012, a seguito dell’unificazione delle categorie dei tessili e dei chimici ed energia, è stata vice segretaria della Filctem. Dal 2001 al 2012 è stata anche presidente del sindacato tessile europeo e dal 2012 vice presidente del sindacato europeo dell’industria. Ha contribuito alla definizione delle Linee guida di politica industriale per la competitività della Moda italiana, partecipando anche al Tavolo per lo sviluppo del Made in Italy. Ha operato, in sede europea, per le politiche di reciprocità tra Europa e Cina e per la lotta alla contraffazione. Il 15 novembre 2012 è diventata Vice Presidente Nazionale di Federconsumatori, dopo trentaquattro anni in CGIL. Ha sempre avuto come riferimento prioritario le battaglie per i diritti, le libertà e l’autonomia delle donne e per il superamento delle disuguaglianze. In Italia è stata esperta del Ministero del Lavoro per le politiche di Pari opportunità nel lavoro tra donne e uomini ed è tra le fondatrici di Se non ora quando? É iscritta e militante del PD dalla fondazione, considerando il PD naturale luogo di espressione di quelle culture e azioni che ha sostenuto durante tutta la sua esperienza sindacale e politica. Dopo essere stata candidata come capolista in Toscana ed eletta senatrice per la prima volta alle elezioni del 24 e 25 febbraio, il 21 marzo 2013 è stata eletta Vicepresidente Vicaria del Senato della Repubblica per il PD.

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Pinktrotters: Contemporary women!

Cos’è e a chi è rivolto Pinktrotters? 

Pinktrotters è una piattaforma online che mette in rete le donne e le unisce con esperienze da condividere, dal viaggio, alla lezione di yoga, passando per l’aperitivo, la visita guidata o la giornata in Spa. Nata nel 2013 oggi conta 200.000 utenti iscritte in sette Paesi e 250 eventi e viaggi realizzati. Non siamo noi ad organizzare gli eventi, è la community stessa che si organizza tramite la piattaforma e soprattutto tramite le nostre Ambassadors: sono loro infatti a guidare il nostro meetup al femminile. Quest’ultimi ovviamente comprendono anche i viaggi, che noi però chiamiamo “happening”, momenti semplicemente un po’ più lunghi, che rientrano comunque nella categoria eventi. Noi ci occupiamo della promozione, diffusione e del branding. La community è aperta a tutti e l’accesso è al momento gratuito, ma la selezione avviene in maniera automatica sulla base degli interessi delle donne stesse. Il nostro è un target glamour, sofisticato, non necessariamente alto spendente, infatti gli eventi  partono dai 20 euro.  20 euro però spesi nel locale selezionato ad hoc per l’occasione, nel posto in cui c’è un evento particolare. 

Come si crea oggi una community di successo e quanto impegno per catturare l’attenzione degli “internauti” tutti i giorni?

La community la si crea giorno dopo giorno, attraverso un’attenta comunicazione e grande lavoro ‘dietro le quinte’. Eventi di qualità e speciali, scontistiche, privilegi grazie ai nostri partner e gli articoli della nostra sezione blog non sono ovviamente elementi secondari ma aiutano anch’essi a far crescere il network di Pinktrotters sempre di più. Da non sottovalutare sono poi i momenti offline, quelli in cui le nostre Pinktrotters si incontrano e si conoscono, per noi fondamentali. Siamo sempre felicissime ed appagate quando vediamo nascere nuove amicizie e collaborazioni tra loro. L’impegno per catturare l’attenzione degli internauti è sempre maggiore, soprattutto alla luce della perenne espansione del Web e delle offerte in esso presenti. E’ necessario avere una persona competente nel team, che possa dedicarsi al 100% a questo compito.

In un momento così difficile come quello che stiamo vivendo lavorativamente parlando, si sente d’incoraggiare la sua professione?

Assolutamente si! Io, ad esempio, prima di lasciare il mio ultimo lavoro vivevo a Copenhagen dove gestivo tutto il budget marketing e i rapporti Finance-Marketing della Northern European Area della British America Tobacco. Gli anni trascorsi a lavorare per una big corporation mi hanno permesso di maturare dal punto di vista professionale, personale e di capire che il lavoro di finance non faceva per me, non ero portata. Nel momento in cui mi sono accorta di avere altro genere di aspirazioni, ho provato a cercare lavoro nel marketing. Ho mandato per due anni curriculum, ma date le mie precedenti esperienze lavorative ho avuto la strada sbarrata poiché le aziende ritenevano che io non avessi le skills adatte per lavorare nel marketing. Per questo, dopo i numerosi rifiuti, che decisi di crearmi da sola il lavoro su misura per me ed è nato così Pinktrotters. 

Un consiglio ed un augurio a Eliana.

Se dovessi dare un consiglio a qualcuno che vuole creare una startup gli consiglierei da subito di creare un team di 2/3 persone, tutte full time e tutte full committed anche in termini di denaro versato a supporto del progetto. 

Un consiglio ed una augurio a LeadingMyself.  

Un grande in bocca al lupo per il futuro!

 A cura di Barbara M.  @paputtina

 

88b976c61225d8d0f9055e924f6a0dee_originalEliana Salvi è la fondatrice di Pinktrotters. E’ nata e vissuta ad Ascoli Piceno. All’età di 19 anni si è trasferita a Milano dove ha studiato International Management all’Università Bocconi. Dopo la laurea, è entrata in una multinazionale inglese attraverso un graduate program e ha iniziato una brillante e veloce carriera all’interno del gruppo per 6 anni. Alla fine del 2013, la sua passione per i viaggi e per la conoscenza di diverse culture l’hanno portata a lasciare alle sue spalle il lavoro sicuro di ufficio come Finance Manager e ad intraprendere la strada imprenditoriale. L’ispirazione nel creare Pinktrotters nasce dall’aver viaggiato molto per lavoro e per motivi personali. Eliana crede che le esperienze da vivere siano più divertenti e gustose se condivise, specialmente per una donna che molto spesso si trova in situazioni poco piacevoli di viaggio da sola in posti sconosciuti e poco amicali. Eliana ha sempre trovato complicato il potersi connettere tra donne e trovare nuove amiche mentre si viaggia, ottenendo da esse consigli al femminile su dove trovare negozi adatti, parrucchieri, eventi del momento, posti sicuri e consigliati con autorevolezza da persone dai gusti simili. I social network fino ad ora esistenti non davano il senso di “belonging” e “trust” che cercava. Per questo motive nasce Pinktrotters; uno strumento utile, una community internazionale di donne che si conoscono condividendo il loro tempo libero attraverso eventi e viaggi di città in città. Un posto dove trovare altre donne dagli interessi simili dove trovare nuove amicizie che durano anche dopo la conclusione dell’esperienza condivisa. Da quando ha iniziato la sua avventura in Pinktrotters 2 anni fa, si è ancora più appassionata al mondo delle startup, all’innovazione, a costruire partnerships strategiche, identificare nuove opportunità e in particolare a lavorare con le donne e per le donne.

www.pinktrotters.com

Eliana@pinktrotters.com

FB, IG, TWITTER: Pinktrotters

Ambassadors of merit

Ho avuto l’onore di poter seguire il workshop di IntheBoardroom  ed è davvero bello come concretamente si provi a costruire la leadership femminile del futuro. Tommaso Arenare, che è stato un protagonista di questo blog, lo racconta a modo suo dal suo blog: www.tommasoarenare.com:

In July 2012 Valore D, the Italian association of businesses to support the talent of women, launched “In the Boardroom”, a programme to select and train the best Non-Executive Directors.

In the Boardroom was designed by Valore D, with the support of GE Capital, at the initiative of Linklaters and Egon Zehnder, our Firm. Together with Linklaters, we selected and provided all key faculty members.

In The Boardroom was meant to select and promote Ambassadors of Merit“, ready to change Italy’s corporate governance for the better, as a result of the huge opportunity represented by a super modern law (that came into effect in 2012) fostering gender diversity in the boardroom (read here for the beneficial effects of this law).

Italy is today a positive example of an improving corporate governance in Europe and beyond. Women as a crucial factor of positive change have given such a strong contribution to this that we are well beyond the turning point.

On 20 and 21 November 2015, we celebrated the conclusion of In the Boardroom, which was launched in July 2012. Ever since, it has helped well over 500 talented women prepare for the role of Non Executive Director.

Of those, a significant number are now Non-Executive Directors.

I feel humbled by the exceptional contribution of so many talented women. They have set the example for everyone in terms of dedication, willingness to prepare for roles where now merit and competencies have replaced “word of mouth” as a key to rigorous selection. Women mean merit, competence and better corporate governance. In summary, more women in leadership means huge change for the better.

The next step is now to continue to work to foster the benefits of gender diversity, and diversity at large, also when it comes to executive positions. “In The Boardroom” has been an exceptional factor and its effects will be felt for many years to come.

#TommasoArenareTommaso Arenare

www.twitter.com/tommaso_arenare

MyFoody: La Rete Contro lo Spreco Alimentare

In questo piccolo post, vi vorrei parlare di MyFoody, un progetto che permette di ridurre lo spreco di una delle risorse piu’ importanti per la vita nostra e del pianeta: il cibo.

Parto dall’idea di questo blog, “LeadingMyself”: si diventa veri leader insieme e non da soli. Vero, soprattutto quando un’idea d’impresa e’ animata da scopi sociali, per contribuire a ridurre una problematica di respiro mondiale. E lo si fa con altri, con un team forte e alla guida di una rete d’imprese innovative. Ecco la nostra storia.

MyFoody e’ nata dal nostro CEO (Chief Executive Officer) Francesco Giberti, che gia’ conoscevo dai tempi dell’universita’. Oltre a me, rappresentante del mondo femminile, alla squadra si sono aggiunti altri amici professionisti: Stefano Rolla, Luca Masseretti, Alessandro Dipaola, Davide Grieco, Giampaolo Grieco e Fabio Lombardi. Ma, oltre a un team, ci vuole anche un’idea, l’“idea”, come quella degli inventori del Settecento e Ottocento. Bene, l’idea e’ sfolgorata da un pacco di biscotti! Francesco si trovava in Belgio per un periodo di ricerca dedicato alla sua tesi magistrale in Giurisprudenza sulla Responsabilità Sociale di Impresa. Durante la permanenza a Ghent, aveva acquistato dei biscotti che, seppur ottimi, scoprì essere in scadenza. Ma li aveva acquistati a prezzo pieno. E si disse: “non è giusto pagare dei biscotti in scadenza a prezzo pieno! Se queste eccedenze fossero vendute a prezzo ridotto, allora sì che le comprerei molto più volentieri e ritornerei sempre in questo negozietto biologico. Ci sarebbero sempre meno sprechi di cibo, con vantaggi sia per il gestore del negozio, sia per me utente, sia per l’ambiente”.

E cosi, l’avventura e’ iniziata. MyFoody e’ la prima piattaforma online di proximity marketing per tutti i prodotti dei negozi alimentari e supermercati che non solo sono in scadenza ma possono avere minimi difetti estetici oppure essere semplicemente in overstock. Accedendo alla piattaforma, si viene localizzati e si visualizzano tutti quei prodotti in eccedenza che, attraverso MyFoody, i negozi mettono in vendita a prezzo scontato. Dunque, si risparmia tempo e denaro, e si contribuisce a migliorare il nostro ambiente, senza sprechi ed emissioni nocive. A partire da gennaio 2016, saremo presenti nei punti vendita che sono a noi affiliati a Milano e Varese, in aree interne ai punti vendita che saranno dedicate a MyFoody e dove gli utenti scopriranno, oltre che i prodotti in offerta MyFoody, anche i post dei nostri blogger: ricette e consigli antispreco, alimentazione e medicina, antropologia del cibo, tecnologia ed efficientazione, e poi ancora letteratura cinema e cibo. Nei pannelli dell’area MyFoody sara’ presente un QRCode che linkera’ al blog: un click e si potra’ capire molto di piu’ in ambito food, di noi, del mondo, della cultura che nasce e si sviluppa attorno al food.

Perche’ farlo? Perche’ essere leader insieme a questa cordata di imprese coraggiose?

Perche’, se lo spreco continua a caratterizzare il nostro modello economico, il mondo in cui viviamo, un numero esorbitante di risorse verra’ ad essere inutilizzato e a provocare danni, a sua volta, per l’ambiente, perche’ in qualche modo questo cibo che non finisce nelle nostre tavole deve essere smaltito. Smaltimento. Emissioni di anidride carbonica. Eventi atmosferici bruschi e terrificanti, cambiamenti climatici, perdita di biodiversita’. E che mondo viviamo e lasciamo, infine? Il settore distributivo attualmente smaltisce come rifiuto tonnellate di cibo perfettamente commestibili, e magari preferirebbe non farlo. Esistono programmi di re-distribuzione alle banche alimentari e ad altri enti non profit, ma non possono che incidere per una percentuale bassa degli sprechi complessivi, che e’ stata stimata nell’8,5% del totale degli sprechi. E il resto, vale a dire il 91,5%? Tali prodotti costituiscono risorse ambientali ed economiche sottoutilizzate che, attraverso il processo di efficientazione creato da MyFoody, pensiamo possano trovare nuova vita. L’uso efficiente delle risorse viene raggiunto attraverso l’allocazione corretta dei prodotti alimentari a consumatori e parti private che sono interessate ad acquistare tali prodotti a prezzo ridotto per convenienza/consapevolezza ambientale.

Siamo leader insieme anche perche’ pensiamo che le imprese debbano e possano incontrare il non-profit. Nel nostro portale, e’ presente una sezione dedicara alla rete di enti non profit che sostengono l’accesso al cibo per gli indigenti. A favore di questi enti si può effettuare una donazione, magari proprio il quantitativo che si e’ risparmiato con una spesa MyFoody.

Tutti noi del team di MyFoody siamo laureati con Master e under 35. Forse e’ la nostra generazione, forse sensibilita’ personale, ma crediamo che i problemi attuali possano offrire un’opportunita’ non solo di business, ma anche di innovazione sociale che coinvolga intere comunita’ e si possa imporre come migliore prassi anche a livello imprenditoriale. Siamo partiti dalle inefficienze e abbiamo ricercato quello che accadeva in un settore a tutti noi estremamente vicino, quello del cibo.

Se volete essere anche voi leader insieme a noi, seguiteci, ci saranno molte novita’!

Esmeralda Colombo

Twitter: @MyFoody_

Facebook: MyFoody: https://www.facebook.com/myfoody.it/?ref=hl

Instagram: myfoody_

#ConLeDonneXLeDonne

Roma, 21 novembre 2015La bellezza di essere sensibili contro ogni forma di violenza: una campagna lanciata da Eau thermale Avène a supporto dell’associazione nazionale D.i.Re “Donne in Rete contro la violenza” per suscitare uno “scatto” culturale sul tema della violenza contro le donne. Da ieri la campagna #ConLeDonneXLeDonne ha finalmente assunto una forma concreta e tangibile: è diventata una mostra fotografica di contenuti generati dai cittadini, dagli utenti del web e da tutti coloro che hanno deciso di aderire all’iniziativa. #ConLeDonneXLeDonne è un’esposizione che mette in mostra la forza del ‘fare rete’, dimostrando che, quando il contributo individuale si trasforma in impegno collettivo, ha la potenzialità di innescare un vero cambiamento sociale. La mostra raccoglie gli scatti che rappresentano nel modo più efficace e convincente il messaggio individuale contro la cultura della violenza di genere. Non scatti di dolore o sofferenza ma, al contrario, immagini che celebrano l’assenza della violenza, la bellezza della sensibilità femminile, della dignità delle donne e della complicità con gli uomini. C’è chi ricorre a citazioni illustri, chi preferisce immortalare un istante fugace della propria quotidianità o chi riconosce in un raggio di sole tra le nubi l’essenza del chiarore illuminante della donna. Una schiena elegante, un sorriso sincero, un tacco color pastello a simboleggiare la creatività tutta femminile. Un’altalena che si libra nel cielo, lo skyline della Grande Mela, una creatura bionda e sorridente che benevola e curiosa tende la mano ad uno spaventoso tirannosauro.

Il progetto nasce dall’esigenza di accrescere la consapevolezza su un fenomeno di drammatica attualità. Una donna su tre subisce violenza e, ancora oggi, in Italia, sono i casi di femminicidio a occupare le pagine di cronaca dei quotidiani e il dato sconvolgente è che 7 su 10 si consumano all’interno del contesto familiare o affettivo. L’attualità del tema è legato alla Giornata Mondiale contro la Violenza sulle Donne, indetta dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per il 25 novembre.

Carolina Crescentini #conledonnexledonne

Eau thermale Avène e D.i.Re hanno chiesto il contributo di tutti: in centinaia, provenienti da ogni parte d’Italia, hanno risposto all’appello, condividendo sui social network un messaggio e/o uno scatto fotografico personale contro la cultura della violenza sulle donne. Un gesto individuale che diventa, proprio grazie alla rete, un gesto collettivo. “La violenza sulle donne”, ha affermato ieri Titti Carrano, Presidente dell’associazione D.i.Re, “trae origine da una matrice culturale e solo un autentico cambiamento della società e una profonda opera di educazione possono contrastarla L’azione dei Centri Antiviolenza da trent’anni sostiene la libertà e l’autonomia delle donne, offrendo ascolto, assistenza legale e pscologica gratuite, protezione per le donne che subiscono violenza e per i loro figli”.

Maria Tilde Reposi, Direttore Generale Pierre Fabre Italia. “Il fenomeno della violenza sulle donne rappresenta ancora una vera piaga sociale nel nostro Paese, e per debellarla è necessaria una presa di coscienza più autentica e forte. Solo uniti possiamo vincere questa difficile sfida e, con il tempo, arrivare a un cambiamento di rotta”, conclude.

La mostra sarà aperta al pubblico fino al 29 novembre presso il Chiostro del Bramante a Roma. Con una donazione all’associazione D.i.Re, i visitatori potranno scegliere di avere a casa propria una delle immagini simbolo di questa campagna e riceverla una volta terminata la mostra

Romina Boarini : “Leadership femminile e social connection”

Romina Boarini, definita “donna delle statistiche”, cos’è la social connection? 

Social connections è un’espressione anglosassone che fa riferimento all’insieme delle relazioni personali e alla connettività sociale, cioè il fatto di vivere e condividere con gli altri una parte essenziale della nostra esistenza. Naturalmente non è semplice trovare indicatori statistici che possano cogliere la natura complessa di queste relazioni e soprattutto la loro qualità, che è quello che conta di più per il benessere individuale. Nel nostro lavoro (www.oecd.org/progress) abbiamo misurato l’intensità delle relazioni personali con domande d’inchiesta che rilevano con quale frequenza le persone si incontrano, e con quale probabilità ritengono di poter essere aiutate in caso di bisogno. In   per esempio, il 22% delle persone incontra almeno un amico al giorno mentre il 25% una persona della propria famiglia, percentuali leggermente superiori alle medie europee. Inoltre all’incirca il 90% degli italiani dichiara di poter contare su qualcuno in caso di bisogno.

E’ davvero così importante oggi avere amici?

Infine le social connections contano soprattutto per i giovani (http://www.oecdbetterlifeindex.org/it/risposte/), che le considerano essere fra i fattori più importanti della qualità della vita. I giovani tra 15 e 24 anni sono anche quelli che si sentono più sostenuti dalle loro reti sociali, dato che il 95% delle persone interrogate in questo gruppo dichiara poter contare su una rete personale in caso di difficoltà. L’uomo è una creatura sociale: avere amici è sempre stato importante! Non a caso le   dimostrano che i contatti umani e il sentirsi circondati sono determinanti fondamentali della nostra percezione di benessere. Quello che caratterizza i rapporti personali nel mondo odierno è che possono essere in parte facilitati e veicolati da nuove tecnologie e piattaforme di comunicazione, come i social media. Essere al centro di relazioni personali non è solo importante per essere più felici ma può avere risvolti professionali interessanti. Per esempio alcuni studi hanno dimostrato che, durante la crisi economica, le persone con social connections più nutrite sono rimaste disoccupate meno a lungo.

Tutto questo come si traduce in una futura leadership femminile e cosa diventa davvero importante a questo punto? 

Ci sono due insegnamenti importanti che emergono dagli studi su donne e social connections. Il primo è che le donne le ritengono generalmente più importanti degli uomini. Il secondo è che le donne tendono a utilizzarle meno a fini strumentali (per esempio per la propria carriera). In sintesi per le donne si tratta di un puro valore mentre gli uomini le utilizzano a fini più opportunistici. Credo che la leadership femminile potrà esercitarsi ancora di più nel momento in cui le donne capiranno che non c’è nulla di male a cercare nell’altro un alleato e che sfruttare la social connection è semplicemente un modo più efficiente di operare (spesso, per entrambe le parti).

Un consiglio ed un augurio a Romina. 

Un consiglio: ricordarsi che il benessere si pratica oltre che si predica! Un augurio: continuare a lavorare su progetti belli e innovativi in compagnia di uno splendido team (di donne!).

5. Un consiglio ed una augurio a LeadingMyself.

Un consiglio: esortare le vostre followers a vincere l’insicurezza (tipicamente femminile) che il 99% delle volte è ingiustificata. Un augurio: continuare a pubblicare aforismi così ispiranti….

A cura di Barbara M.  @paputtina

Romina Boarini dirige il team statistico OCSE che si occupa di indicatori e analisi di benessere. Fra le sue principali responsabilità ci sono il Better Life Index ed il rapporto Come va la vita?. All’Ocse si occupa anche degli aspetti statistici del progetto Crescita Inclusiva. Recentemente ha cominciato a co-ordinare un progetto su Big Data e Benessere ed uno sulla costruzione di nuovi indicatori di fiducia e di capitale sociale. Economista di formazione, prima di lavorare alla direzione delle statistiche, Romina ha lavorato in vari uffici dei dipartimenti OCSE degli affari economici e di quelli sociali. Ha un dottorato in economia (Ecole Polytechnique, Parigi), una laurea in Economia (Università di Roma Tre) e ha pubblicato diversi articoli in riviste internazionali.

 

Social contacts:

http://www.researchgate.net/profile/Romina_Boarini

http://oecd.academia.edu/rominaboarini

Valeria Cagnina: Non appiattitevi sulla massa. Siate voi stessi!

Valeria Cagnina, tu sei la più giovane Digital Champion d’Europa, vuoi spiegare a chi segue il nostro blog cosa vuol dire?

Il Digital Champion è un ambasciatore digitale che ha il compito di rendere i cittadini più digitali. È una carica istituita dall’UE, ogni paese europeo ne ha uno. Riccardo Luna che è il DC italiano ha deciso di moltiplicare il suo impegno nominandone uno per ogni comune, il suo obiettivo è arrivare a più di 8000, tanti quanti sono i comuni italiani. Il DC ha 3 obiettivi fondamentali: 

  • essere una sorta di Help Desk per l’amministrazione pubblica nel campo del digitale;
  • muoversi in assenza di banda larga, Wifi o altri diritti digitali negati;
  • promuovere corsi e progetti di alfabetizzazione digitale dai bambini ai nonni.

Io concretamente sono riuscita a realizzare un mio grande sogno, quello di portare il Coderdojo anche ad Alessandria. Il Coderdojo è un movimento volontario, apolitico, gratuito ormai diffuso in tutto il mondo che si è posto come obiettivo l’insegnamento di codice e programmazione ai bambini e ragazzi dai 4 ai 17 anni. Ad Alessandria abbiamo iniziato con la fascia d’età dai 7 ai 14 utilizzando Scratch che permette in poche ore di realizzare un videogioco. Io sono Co-Champion del CoderdojoAL (essendo minorenne non potevo farlo da sola). Il Champion ufficiale è Luca Pantano con cui mi piace tantissimo collaborare. Siamo riusciti a far partire anche un corso di base di computer per nonni in cui insegniamo a utilizzare Office, Skype, mandare mail, elaborare foto…Il modo di apprendimento dei bambini è completamente diverso da quello dei nonni infatti i bambini imparano molto in fretta e ci mettono tanto impegno e da una volta all’altra arrivano più preparati perché sperimentano anche a casa. I nonni invece apprendono più lentamente e ci mettono anche un po’ meno impegno. Da una volta all’altra poi…si dimenticano tutto. Pensate che abbiamo iniziato con Skype circa un anno fa e ancora adesso dobbiamo rivederlo perché non se lo ricordano più.

Curo anche una rubrica su il Piccolo, il giornale locale di Alessandria, in cui rispondo alle domande dei lettori sul tema del digitale. Quando posso racconto quello che sto facendo anche in alcune scuole per ispirare altri ragazzi e giovani ad appassionarsi alla tecnologia e al mondo dell’informatica.  

Riccardo Luna ha scritto:” Quando fai una cosa con le tue mani, la trasformazione più grande avviene dentro di te”. Tu hai costruito un robot, cos’ha rappresentato per te?

Il mio robot è realizzato con Arduino UNO, un sensore di distanza e due motori. È in grado di riconoscere gli ostacoli e evitarli tutto in modo automatico. Funziona un po’ come quello per aspirare la polvere di casa, l’unica differenza è che non aspira la polvere. Però l’ho creato io. A me piace definirlo “la mia creazione”. Per me è stato un grande obiettivo riuscire a costruire qualcosa da oggetti che prima erano inanimati. Ha ragione Riccardo Luna quando dice che la trasformazione avviene dentro. Al di là della soddisfazione, ci si sente capaci, si impara un nuovo modo di progettare e creare. Si impara la logica delle macchine e una progettazione diversa ogni volta. Quando il robot si accende e funziona, in quel preciso istante, ti sembra davvero che nulla sia impossibile!  

Valeria, sei anche la più giovane travel blogger d’Italia (http://blog.lilianamonticone.com ); cosa vuol dire viaggiare per te?

Curo la mia sezione Il Mondo di Valeria e mi piace scrivere di viaggi dal mio punto di vista di teenager. Per me viaggiare significa non tanto spostarsi da casa, ma conoscere diversi modi di vivere, pensare e concepire il mondo. Viaggiare, esplorare, conoscere, incontrare e scoprire posti nuovi a me è sempre piaciuto fin da quando ero piccola. Lo si può fare anche ad una mostra fotografica, in un ristorante etnico, incontrando una comunità particolare o, perchè no, andando a visitare l’Expo.

Un nuovo viaggio è sempre una pagina bianca tutta da riempire, indipendentemente dalla destinazione, come ho scritto anche nei capitoli del nostro libro ‘Guida ai viaggi low cost’ che uscirà a breve, dove racconto del difficile rapporto tra scuola e assenze per viaggiare da un lato e viaggi alla scoperta del mondo e viaggi come scuola di vita dall’altro. In viaggio si conoscono tante persone con cui poi si resta in contatto, cosa che oggi è molto facile, anche se non si incontreranno mai più. Poi succedono cose buffe, come quella volta in Nepal che una ragazzina mi ha chiesto a quale casta appartenessi e non si capacitava del fatto che in Italia non esistono le caste!

Normalmente questa domanda è dedicata ad un consiglio all’intervistata ma a te chiediamo un consiglio e un suggerimento ai tuoi coetanei.

Coltivare le proprie passioni sul web. Oggi non servono grandi mezzi, tanti soldi e possibilità esagerate. Un computer ed una connessione ad internet possono davvero cambiare la vita. Nei miei coetanei vedo troppa apatia, troppo disinteresse a tutto… oppure troppo interesse per calcio, moto e discoteca. Alimentatele poi ascoltando il TED. Qualsiasi passione lì troverà spunti inimmaginabili. In più imparerete l’inglese che vi servirà tantissimo e che purtroppo la scuola non è in grado di insegnare. Trovate i vostri modelli di riferimento. Ci sono tantissimi giovani in gamba in rete da cui prendere ispirazione. Penso a Federico Pistono. Non appiattitevi sulla massa. Siate voi stessi!

        Non appiattitevi su una vita che non è la vostra. Focalizzate quali sono i vostri interessi, ampliate le vostre cerchie per scoprirli, trovate le vostre passioni.

 Un consiglio ed una augurio a LeadingMyself.

Dedicatevi tanto ai ragazzi ed ai giovani. Fate capire loro che il mondo è dietro l’angolo e non è la piccola realtà, magari grigia e noiosa in cui vivono. Instillate in loro passioni da coltivare che renderanno felice e soddisfatta la loro vita. Aiutatemi a far capire che oggi bastano un computer ed una connessione (oltre all’utilizzo del proprio cervello!) per cambiare vita!!

 

A cura di Barbara M.   @paputtina

Valeria Cagnina.  Sono nata nel 2001. Sono la più giovane travel blogger d’Italia. Amo viaggiare e non potrebbe essere altrimenti con due genitori che mi hanno sempre portata in giro per il mondo da quando sono nata, pensate che a 14 mesi avevo visto 14 stati.Ho realizzato un Robot con Arduino. Hobby: stampa 3D, Arduino, programmazione e pittura.   Sono appassionata di ginnastica ritmica che pratico da quando avevo tre anni e da qualche anno insegno alle bimbe più piccole. Sono Animatrice presso l’oratorio. Sono Co-Champion Coderdojo Alessandria e Digital Champion per il Comune di Alessandria Ho partecipato come speaker al #TEDxMilanoWomen una soddisfazione indescrivibile!

 

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Elvira Seminara: “Gli abiti ci abitano!”

Chi non ha mai avuto il desiderio di scappare lasciando tutto dietro di sé – cose persone ricordi – e ricominciarsi ? Cambiare passato, scenario, sguardo sul mondo ? Eleonora, protagonista del mio romanzo, lo fa, anche perché nessuno può trattenerla – ha perso il marito, l’amante, l’amore della figlia. Persino, forse, l’amore di sé. La “tentazione di esistere”, come la chiama Cioran, nasce da una rottura, e dunque da un’apertura al nuovo. Ogni ferita è un varco da cui entra la luce. Ogni strappo può essere non solo ricucito, ma persino abbellito con un ricamo sopra.

L’atlante degli abiti smessi nasce appunto da un inventario insolito, che percorre l’intero romanzo mescolandosi alla storia : l’ elenco dei vestiti che Eleonora vuole lasciare alla figlia prima di partire, per ricostruire un rapporto lacerato e fragile. Questa lista, che per la madre “è illimitata e variabile come la biblioteca di Borges” diventa ogni giorno, voce per voce, una mappa per vivere la vita al meglio, e gli abiti smessi trasmettono ricordi, sogni, consigli di felicità. Anche per questo l’inventario non può esaurirsi, anzi diventa un antidoto al vuoto. insieme saggio e visionario, autoironico. Materno e sovversivo.

Ci sono Vestiti che diventano pazzi, i Vestiti opportunisti, quelli che vogliono sempre partire con te. Gli abiti fantasma, da non appendere mai alla maniglia della porta, se vuoi dormire in pace. Ci sono i Vestiti parassìti, quelli del perdono, della felicità

Rinforza sempre l’ultimo punto: doppio tratto, su e giù.

Taglia di netto il filo, cosi non si scucirà, e tutto resterà concluso e resistente.

Le cicatrici che si riaprono trascinano  anche gli altri punti, e tutto si sfilaccia.

Rinforza l’ultimo e chiudi, e non tirare troppo il filo.

L’ho imparato adesso, mentre guarivo.”

Perché proprio i vestiti, e non altro ? Io penso che gli abiti smessi – quelli trovati nei mercatini, quelli avuti da amiche e sorelle, dati in parrocchia o accatastati nei cassonetti –   siano un fortissimo aggregato di vita più di altre cose, perché hanno assorbito il nostro tempo, individuale e collettivo. Emozionale e organico. Sole e vento. I vestiti li tagliamo, ricuciamo, li sudiamo e strappiamo. Diciamo tessuto e trame per dire sia stoffa che pelle, vita. Dentro ogni abito, anche di produzione industriale, ci sono le mani e le impronte di chi lo ha disegnato, stampato, tagliato, infilato sotto gli aghi, ripiegato. Un’infinità di gesti, di passaggi dei segni. Soprattutto di donne, da millenni.

Gli abiti ci abitano. Piaccia o no, sono loro a indossarci, e il mistero, più che con Marx e la mercificazione, o i balzi della moda, in qualche modo oscuro ha piuttosto a che fare col pensiero sciamanico, l’energia dei quanti e la filosofia Zen col suo rispetto delle cose.

L’Atlante degli abiti smessi è dunque, anche, una mappatura del minimo – di bellezza e di gesti – disperso in questa massa abnorme di presente permanente. Un invito alla pausa, a uno sguardo più amorevole per custodire e riparare ciò che intorno ci si rivela fragile, imperfetto, consumato. Un appello alla consapevolezza per non disperdere le risorse : l’ossigeno come la luce, il tempo, l’acqua, la felicità, le occasioni. Anche perché la seconda vita, delle cose, degli abiti e delle persone, è spesso più libera e curiosa della prima.

  “Avevo fatto un uso imprudente, sconsiderato della felicità. L’avevo usata tutta, persino sprecata, lasciata scorrere quando abbondava, senza frenarla, raccoglierla, filtrarla. E invece mettine un po’ da parte, travasa in piccoli contenitori e chiudili, fai conserve per quando arriva il freddo. Scrivici sopra una parola chiave, data e luogo. Metti i ricordi al riparo, dalla luce e dal calore, dagli insetti. Dalla tua ingordigia, dall’indifferenza. Controlla ogni tanto che siano sempre li, togli la polvere, dai un’occhiata dentro.

Lo spreco – lo capisci dopo – è una funzione della giovinezza.”

 

#ElviraSeminaraElvira Seminara Pop artist e giornalista, vive tra Catania e Roma. Giornalista professionista dal ‘91, è stata redattrice di cronaca nel quotidiano La Sicilia sino al 2012 e ha insegnato Storia del giornalismo nella facoltà di Lettere di Catania. Tra i romanzi : nel 2008 “L’indecenza” (Mondadori, oggi in ebook con Libreria degli scrittori); nel 2011 Scusate la polvere” ( Nottetempo), entrambi messi in scena (stagioni 2014 e 2015 ) dal Teatro Stabile di Catania; 2013 La penultima fine del mondo (Nottetempo). Suoi racconti sono apparsi in diverse antologie Mondadori,   suoi testi sono tradotti in diversi paesi. Realizza artefatti con avanzi e reperti urbani, firmandosi Manomissioni.

https://it-it.facebook.com/elvira.seminara.5

 

I miei turbanti da mille e una notte!

 

Sono nata a Teheran 1982 e mi sono trasferita in italia nel 2004. Ho una laurea in Graphic Design e una in Design Industriale, un master di Management della Moda presso Bocconi / Milano Fashion Institute ma dopo diverse esperienze nel settore grafico, design e comunicazione, ho deciso di dedicarmi al mio progetto che potesse esprimere me stessa creando il mio brand: Zahra Sartipi

Mi sono sempre interessata al mondo femminile e all’influenza della religione, ai cambiamenti politici, sociali economici sul modo di apparire delle donne sia in Oriente che in Occidente nel corso dei secoli.
Mi ispiro all’arte, storia, letteratura e poesia persiana, fiabe e cartoon. Mi piace immaginare e trovare i luoghi comuni tra le diverse realtà. 

Ho lanciato la mia prima collezione di turbanti e fasce a gennaio 2015, dove una sorta di “Le mille e una notte” incontra il Made in Italy.
Copricapo in generale; come un elemento per coprirsi i capelli come sono abituata a vedere le donne con il velo del mio paese, come elemento che ricorda la mia epoca preferita: “La Belle E’poque”  e anche come un accessorio di massima eleganza nei diversi anni della storia della moda.

 

#zahra2
 
Per ora sono tre diversi modelli di copricapo e fasce: 
Lady Marion (il copricapo ispirata al personaggio del mio cartone animato preferito da bambina: Robin Hood) 
Lulù ( la fascia ispirata a Louise Brooks) 
Mamà (il classico turbante comunemente usato da diverse etnie).

#zahra1

I copricapi sono realizzati con un mix di tessuti preziosi come il Termeh persiano, seta, velluto e pelle.

Tutti sono pezzi unici e ogni singolo pezzo è realizzato a mano con massima attenzione al dettaglio.

Di cuore, spero vi piacciano….io ce la metto tutta!

 

#zahra
Zahra Sartipi

L’architettura è la concretezza del sogno!

E’ molto difficile scrivere di se stessi, soprattutto se ti rendi conto che il modo più vero che hai per raccontarti è attraverso le cose che realizzi e non quelle che dici. Penso che la mia creatività, tenuta a bada dal desiderio di concretezza, sia un modo di vivere e affrontare piccoli problemi, piuttosto che un bisogno espressivo e formale. Quando hai l’esigenza di farti comprendere è necessario riflettere sulla questione del ‘Linguaggio’: far valere le proprie idee non è facile se si hanno schemi differenti, è da questo che nasce il nome del mio studio “kNOwarchitecture”, dal desiderio di comunicare l’architettura, far conoscere una filosofia, diffondere esempi di maestri, prima di esprimere idee e proporre linee diverse, per farle nascere da una consapevolezza di ciò che in passato è stato proposto. Cerco di partire da un’attenta conoscenza delle regole architettoniche valutando la possibilità di  negarle al tempo stesso; affinchè  ogni progetto sia nuovo, sempre diverso, con una speciale identità corrispettiva al cliente e al concept ideato.

“L’architettura è la concretezza del sogno, la semplicità complessa è vincente, contraddire le regole può essere divertente, senza mai perdere di vista gli obiettivi in coerenza con i propri valori”. E’ difficile proporre nuove idee se non si sa quali sono le basi di chi si confronta con questo linguaggio e si possono ribaltare schemi, a mio parere, solo se si ha una forte consapevolezza della realtà. Quindi spesso la “creatività” è semplicemente un modo di affrontare delle situazioni per cercare di migliorarla. L’Architettura si deve confrontare sempre con la realtà, poiché il progetto nasce dai limiti di un’area o dalle esigenze del committente; l’approccio progettuale, dunque non è mai libero, nel design , invece, c’è più libertà perché la creazione di un oggetto non dipende da un luogo e non ha condizionamenti iniziali. Da questa riflessione, nasce “Clever rebel”, un marchio e un ‘blog-brand’: che auspica la creazione di oggetti “ribelli”, che si impongano nel tempo non solo per la forma ma per il plus-valore funzionale. L’ idea di studiare oggetti  “intelligenti e ribelli”, cerca nuovi contenuti chiave, grazie ai quali “design e architettura siano mezzi per migliorare piccoli pezzi di mondo”.

La mia storia è quella semplice di una ragazza che decide con entusiasmo di studiare architettura, si laurea ad Ascoli Piceno, va a Milano a lavorare per uno Studio di architetti associati, fa un Master in Interior Design, con una borsa di studio della regione Puglia, e poi va a Londra e lavora per una società internazionale di progettazione(Design International). Ma la voglia di creare le idee che avevo dentro era più forte della ricerca di un lavoro sicuro da dipendente…dunque ho deciso di mettermi in proprio come Architetto e di iniziare a produrre da sola i miei pezzi di design. Ritengo, infatti, che poter riflettere sulla creazione di pezzi esclusivi, consentire ai clienti di avere dei disegni che propongano arredi come se fossero “sculture” nei loro spazi, aggiunga un Plus valore in un contesto architettonico, quello attuale, che tende ad omologare le linee. Forse esser un po’ ribelli oggi significa semplicemente dire quello che si pensa senza aver paura di imporre il proprio punto di vista solo perché non si adegua a degli schemi, ecco perché odio la parola STILE, E PER ME NON HA SENSO PARLARE DI STILI, MA DI PROGETTI, perché ogni progetto è come una persona, ha la sua identità e non può esser paragonato ad altri, siamo tutti unici. Ecco che il design, per me è un mezzo per dare agli oggetti delle piccole funzioni in più che arricchiscano la loro valenza formale. L’idea di produrre “Pipoliva”, è nata dal desiderio di realizzare un piccolo progetto e proporre un nuovo modo di degustare olive e ciliegie. Il Tema di questi cucchiaini di design mi è nato da un imbarazzo durante un aperitivo in cui mi son resa conto che non ci fosse nessun metodo per degustare olive e ciliegie elegantemente, e mi son messa a studiare come poter creare un cucchiaino che avesse “una funzione in piu'”….nel manico: immaginato cavo, infatti, simile ad una pipa, consente di disfarsi del nocciolo, “soffiandolo” all’interno del manico stesso e cosi’ le mani non si sporcano!!! Dalla collezione Pipoliva è nata anche Cerasi’ per le ciliegie ed una serie di piccoli piattini per degustare in modo divertente e colorato dei frutti che altrimenti rimangono da consumarsi solo agli aperitivi e non durante cene piu’ elaborate: molte volte, infatti le olive non si propongono nemmeno nei ristoranti, perché non si sa come servirle. In Puglia, la mia terra d’origine, ad esempio esistono delle ricette che prevedono le olive cucinate, le cosiddette “olive dolci”, che sono molto buone e si servono bollenti, poiché si friggono nell’olio con il pomodoro fresco. La mia “Pipoliva” potrebbe aiutare a degustare tali ricette, risolvendo un imbarazzo costante che si presenta quando si trovano le olive a tavola. Le ciliegie, invece, potrebbero essere abbinate a creme e gelati, e il mio progetto introdurrebbe nuovi modi di mangiare se unito a nuove ricette. Non è solo un piccolo oggetto di design, ma vuole proporre nuovi modi e gusti … unendo tradizione ed innovazione.

Ernesto Nathan Rogers, affermava che un architetto puo’ progettare “dal Cucchiaio alla Città”…l’approccio per me è uguale, nasce sempre tutto dalla voglia di risolvere un problema e di concretizzare le idee …

packaging Pipoliva

Il Design, dunque, è per me un mezzo per proporre idee diverse e divertenti, ma la vera sfida resta l’Architettura, che è vera solo se riesce ad imporsi sul Tempo. Un tema, questo, poco facile visto che oggi si è costruito così tanto senza una particolare sensibilità e secondo me, piuttosto che pensare a  nuove forme architettoniche, bisognerebbe recuperare quelle già esistenti, con nuovi progetti urbani, prendendosi cura degli edifici riflettendo sulla coesistenza di spazi nuovi in ambienti che hanno già una storia. Un approccio che prevede uno svuotamento del superfluo per dare identità a nuovi percorsi. Non esiste una definizione netta tra design e architettura per me, anzi, la mia ricerca cerca di fondere i pezzi d’arredo con lo spazio in cui si collocano, poiché il mio Sogno è creare atmosfere in cui ci sia una completa integrazione tra mobile e ambiente, quasi per far entrare i fruitori in atmosfere prive di limiti ma totalizzanti. Da questa esigenza nasce l’idea di riflettere su pezzi unici di design quasi come se fossero “sculture” e non semplici arredi, ecco perché i miei pezzi contengono spesso una fonte di luce, pur non essendo lampade, perché considero la Luce un materiale e chi l’ha detto che quando si entra in uno spazio debbano accendersi solo le lampade e non anche il resto … per illuminare nuove emozioni?

DSC_0849

 

no style only architectureSilvia Cassetta

http://www.silviacassetta.com/

Dopo esperienze di lavoro in Italia e all’Estero presso altri architetti associati, apre il suo personale studio di progettazione architettonica e di design con la sua firma su design di pezzi unici di Furniture e Interior design. Lo studio si chiama “Knowarchitecture” ed ha una sede a Roma e un’altra in Puglia, sua terra d’origine. Dal 2008-2009 lavora in “Design International” a Londra, società inglese che realizza grandi progetti di retail design e resort www.designinternational.com

Nel 2008 consegue il Master in Interior Design presso la Scuola Politecnica di Design di  Milano. Dal 2007 è iscritta all’ Ordine degli Architetti della Provincia di Bari. Dal 2006 al 2008 svolge esperienza di lavoro presso lo studio di architettura di Alberto Ferlenga Associati a Milano e partecipa a numerosi workshop internazionali di architettura, con una “summer experience” a Miami, nello studio di R. Behar. Nel 2005 si laurea presso la facoltà di Architettura di Ascoli Piceno, dopo aver conseguito una maturità Classica.