Pioveva quando sono arrivata qui. Nessuno mi aspettava. Sono arrivata come una goccia che cade” Mi ha colpito molto questa frase che hai scritto in un tuo post non molto tempo fa. Ti andrebbe di spiegarcela?
Una frase manifesto della sensazione che hanno i cittadini stranieri quando decidono di spostarsi in un paese diverso dal proprio. In modo particolare mi ha fatto rivivere la sensazione che credo abbiano provato molte donne eritree quando a partire dal anni ’60 hanno lasciato l’Eritrea per un lavoro in Italia. Nessuno le aspettava, nel senso che oltre ai loro datori di lavoro, l’unico punto di riferimento che potevano avere era la stessa comunità eritrea, affiatata e solidale, ma con poche occasioni per ritrovarsi. Il virgolettato è di una immigrata ucraina che ha “donato” la sua storia alla Fondazione Lettera27 nell’ambito del progetto Luoghi Comuni e mi è sembrato che in poche parole fosse riuscita a verbalizzare decenni di sentimenti.
Con RETEG2 vi battete sui diritti di cittadinanza dei figli d’immigrati; questo blog è fortemente convinto che chi nasce in Italia debba avere il diritto di essere considerato italiano, a che punto siamo?
Grazie, prima di tutto. Il nostro paese è pronto per riconoscere sia i figli di immigrati nati in Italia, sia quelli che arrivano da piccoli nel nostro Paese. In questo momento in Parlamento ci sono diverse proposte di legge di riforma della norma 91/1992: tra queste c’è anche un’iniziativa popolare che abbiamo sostenuto con sindacati, grandi e piccole associazioni, movimenti locali ed è riuscita a raccogliere 100.000 firme a favore, quando come sapete ne bastano 50.000. Le seconde generazioni in Italia non chiedono un accesso “automatico” alla cittadinanza italiana, come a volte viene sostenuto, ma il riconoscimento formale della nostra quotidianità. Nostra nel senso di italiani, tutti, di origine italiana e straniera. Condividiamo le stesse gioie e dolori, apparteniamo a questo territorio ed è qui che decidiamo ogni giorno di dare il meglio di noi. Le persone attorno a noi lo percepiscono e ne hanno sempre di più consapevolezza: ora è il momento che le Istituzioni formalizzino la realtà che ci appartiene.
Un’altra bellissima iniziativa è “Luoghi Comuni”, ce ne vuoi parlare?
Luoghi Comuni è stato un importante progetto della Fondazione Lettera27 che ha saputo unire le voci della prima generazione dell’immigrazione e le seconde generazioni. Assieme a foto di grande impatto, per i primi piani degli intervistati, e frasi ad effetto estratte dalle loro testimonianze, hanno portato le diverse voci dell’immigrazione nel “luogo pubblico” per eccellenza: la fermata dell’autobus, piuttosto che quella della metropolitana. Questo e tutti gli altri interessanti progetti della Fondazione sono sul loro sito http://www.lettera27.org/
Un consiglio ed un augurio a Kibra.
Con La27Ora, il blog al femminile del Corriere della Sera, una delle iniziative che ricordo con più affetto è stata la campagna virale ideata da Marta Serafini #diamociunconsiglio. Tutte abbiamo partecipato dando un consiglio (con un selfie) alle donne e ogni volta che sento di essere in difficoltà mi torna alla mente quello di Barbara Stefanelli, vicedirettrice del Corriere della Sera: “Cosa faresti se non avessi paura?”
Un consiglio ed un augurio a Leading Myself.
Continuare a dare voce alle donne: giovani o adulte, note o comuni, vicine e lontane.
A cura di Barbara M. @paputtina
Kibra Sebhat. Nasco in Veneto, ma sono milanese, nel cuore e nello spirito. I miei genitori sono arrivati dall’Eritrea nei primi anni Settanta, e insieme ai miei fratelli ci siamo sempre chiamati “la famiglia Brambilla”. Cresciuta a pane e Corriere, da anni mi occupo di comunicazione e da quando ho “scoperto” il web, tutto è cambiato.