ASLAWomen.
C’è una fetta di avvocatura che esercita la professione legale in studi legali associati: contesti strutturati, talvolta di grandi dimensioni, che, se pure non assimilabili a “imprese legali”, possono essere molto distanti – per modelli organizzativi, procedure interne, percorsi di carriera, tipologie di materie trattate e di clientela- dallo studio legale “tradizionalmente” inteso.
I dati raccolti da ASLA, l’Associazione degli Studi Legali Associati che riunisce circa un centinaio tra i più importanti studi legali italiani, indipendenti o appartenenti a network internazionali (www.aslaitalia.it), dimostrano che negli studi legali associati le donne hanno sì pari opportunità di accesso, ma raggiungono posizioni apicali davvero con estrema fatica: solo il 16,9% dei soci, infatti, è donna.
Dall’inizio del 2014 esiste un “luogo” in cui discutere della condizione delle avvocate che esercitano la professione legale in tali peculiari contesti: si chiama ASLAWomen ed è costituito da avvocati (prevalentemente donne, ma partecipano anche uomini) appartenenti agli studi aderenti ad ASLA.
Ci incontriamo con regolarità, per confrontarci, riflettere ed operare in modo da individuare le cause dell’evidente gender gap e sostenere e valorizzare le donne in ogni momento del loro percorso formativo e di carriera all’interno degli studi legali associati e, più in generale, nella professione forense.
Promuoviamo ricerche e raccolte di dati, inclusa quella che ci ha consentito di estrapolare la percentuale sopra indicata, monitoriamo la condizione delle professioniste e le politiche volte ad assicurare concrete e pari opportunità di crescita e carriera delle avvocate, progettiamo iniziative formative ed eventi su tematiche di interesse tanto delle colleghe più giovani quanto per la valorizzazione dei talenti femminili nelle posizioni di vertice (in particolare con il progetto “Women on Board”), dialoghiamo con gli organismi di categoria, il territorio, le Università e le associazioni che sostengono le donne nel mondo del lavoro.
Facciamo tutto questo nel segno della più grande apertura e libertà di forme, come è nella tradizione di ASLA e dei suoi gruppi di lavoro. Tutti gli avvocati operanti in studi aderenti ad ASLA possono partecipare, nelle forme e con i tempi che desiderano: basta un’email alla segreteria di ASLA. Gli incontri si svolgono a rotazione nei vari studi ASLA, al fine di coinvolgere più realtà possibili. Stimoliamo l’interazione tra colleghe appartenenti a generazioni e stadi di carriera diversi, sperimentiamo senza timore forme di leadership insolite, assegnando la conduzione di progetti a colleghe junior che coordinano le più senior, teniamo alta l’attenzione sulle problematiche di genere con ogni mezzo idoneo… ad esempio, con un premio annuale allo studio che si è distinto per valorizzazione della componente femminile (lo abbiamo assegnato ieri sera nel corso dell’assemblea di ASLA), ma anche invitando al cinema o a cena (i dettagli prossimamente sul nostro sito!)
Non v’è dubbio che in pochi mesi di attività abbiamo raggiunto un traguardo importante: quello di aver creato un network di professioniste che condivide la necessità di fare per fare la differenza, anche in questo nostro specifico settore.
Grazie a LeadingMyself per averci dato la possibilità di raccontarci.
Niente foto e niente biografia, ma il nostro logo: perché ASLAWomen è una prima persona plurale.
Barbara de Muro
Responsabile ASLAWomen (@ASLAWomen)
Salve, mi chiamo Elisabetta Pirani, sono avvocato, vivo e lavoro a Roma.
In nostro è uno studio associato di medie-gradi dimensioni e sono entrata a farne parte nel 2001; avevo 36 anni ed un bambino di 2.
Sono stata subito colpita dall’efficienza, dall’organizzazione, dalla possibilità di occuparmi di materie complesse e clienti importanti che non avrei mai raggiunto da sola. Non solo, ho sempre goduto di piena libertà organizzativa e decisionale. Ricorderò sempre la frase che mi fu detta da uno dei titolari su una questione delicata: “Tu sei l’avvocato, tu decidi”.
Quando mio figlio ha compiuto 6 anni, non mi sono sentita di lasciarlo crescere in mano alla baby sitter (mi/ci vedeva solo alle otto di sera). Ne ho parlato con i titolari che, con mia grande sorpresa, mi hanno proposto una presenza a studio ridotta. Ero la prima a non credere alla possibilità di esercitare la professione part-time. Invece è possibile perchè la professione non ha “orari”, nè “calendario”. Quante di noi hanno lavorato la sera dopo avere messo a letto i bambini, o il sabato o la domenica.
Se c’è una riunione, un viaggio, un appuntamento indifferibile, ci si organizza. Oggi la tecnologia offre la possibilità di lavorare indipendentemente dal luogo, tutto il resto è una scusa.
La questione, ritengo sia culturale.
Devo confessarVi che sono molto arrabbiata quando si parla di “quote rosa” o di questioni “di genere”: se esistesse la meritocrazia non ci sarebbe bisogno di prevedere forme di tutela alle donne per l’accesso al lavoro o ai posti apicali. Poichè la strada è ancora molto lunga (anche nel mio studio si può fare molto di più), è bene che se ne parli, è bene che ci sia ASLAWomen.
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Grazie Elisabetta della testimonianza e delle belle parole.
Sono d’accordo: organizzazione degli studi legali, efficienza e flessibilità dei processi lavorativi e decisionali e uso intelligente degli strumenti tecnologici, accompagnati da un’altrettanto studiata organizzazione delle incombenze familiari, possono essere gli strumenti che ci consentono di vivere questa bellissima professione con serenità e senza troppe dolorose rinunce e, quindi, con la concreta possibilità di esprimere tutto il nostro potenziale.
Vi aspettiamo in ASLA e in ASLAWomen!
Barbara de Muro
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